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lunedì 19 febbraio 2018
Tra USA e Turchia rapporti sempre più difficili
La missione del Segretario di stato americano Tillerson in Turchia è stata molto complicata. I rapporti tra i due paesi sono ai minimi storici e c’è il concreto rischio di una rottura diplomatica, uno scenario fino a poco tempo fa non certo prevedibile. La questione dell’appoggio degli USA alle milizie curde, tradizionalmente alleate di Washington, è solo l’ultimo caso di contrasto tra le due nazioni e rappresenta un pericoloso precedente di minacce reciproche, che potrebbe degenerare in scontro armato. Precedentemente ci sono stati i casi dei visti negati ai cittadini turchi da parte dagli USA, a cui è seguita una misura analoga da parte delle autorità di Ankara. Uno dei motivi di attrito è la mancata estradizione di un predicatore turco, residente negli USA, che viene creduto come uno degli ispiratori del fallito colpo di stato. Tutti questi motivi di attrito sono comunque secondari, se si considera la percezione americana, probabilmente sostenuta da prove concrete, del sostegno iniziale da parte dei turchi allo Stato islamico, che doveva essere lo stumento per fare cadere Assad e si è poi trasformato, grazie agli ingenti finaziamenti, in una entità terroristica sovrana, che ha sovvertito l’ordine della Siria e, sopratutto, dell’Iraq, paese nel quale si erano impegnati in maniera diretta gli Stati Uniti. L’importanza del mantenimento di buoni rapporti tra USA e Turchia è dovuta anche al fatto che la Turchia è l’unico membro musulmano all’interno dell’Alleanza Atlantica e per gli Stati Uniti la permamenza di Ankara nell’alleanza occidentale è ritenuto un aspetto irrinunciabile di fronte ai nuovi scenari mondiali che si stanno delineando. Washington teme che la Turchia possa finire nell’influenza russa; se ciò dovesse avvenire, Mosca guadagnerebbe una posizione strategica sul Mediterraneo e sul Mar Nero in grado di aumentare l’apprensione dei paesi che appartenevano al blocco sovietico e che ora temono maggiormente la Russia dal punto di vista militare. Inoltre non essere più alleato con uno dei maggiori paesi musulmani aprirebbe una distanza ancora più netta tra gli USA ed il mondo sunnita. Uno dei temi di discussione è stato il futuro della Siria: su questo fronte la Turchia sembra essere particolarmente vicina alla Russia, sopratutto dopo che Erdogan ha individuato Assad, dopo averlo combattuto, un possibile argine contro i curdi e la loro volontà di costituire una entità sovrana sui confini della Turchia. La posizione americana, pur essendo vicino ai curdi, non è ancora del tutto netta, proprio perchè Washington non vuole precludersi qualsisasi soluzione per avere un rapporto migliore con Ankara. Sul futuro di Assad c’è un’ampia divergenza, provata dal sostegno di Washington alle forze democratiche siriane, che sono sul fronte opposto della coalizione di fatto composta da Russia, Iran ed, appunto, Turchia. Occorrerà vedere come si svilupperanno i colloqui e se le due parti intenderanno valutare in modo comunque positivo il rapporto di alleanza tra i due stati. Se con Obama si comprendeva come la distanza tra i due paesi fosse giustificata dalla direzione politica intrapresa da Erdogan, con Trump si poteva prevedere una sorta di riavvicinamento, proprio per le inclinazioni politiche dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Ma come per la Russia, la carica di presidente non basta ad indirizzare la politica federale e quindi l’apparato diplomatico e quello militare hanno mantenuto la distanza con la Turchia. Resta da vedere se questo allontamento è ritenuto ancora vantaggioso per i poteri al di fuori della Casa Bianca o se, al contrario, è diventato necessario un riavvicinamento in grado di scongiurare una rottura definitiva. Il lavoro diplomatico non sarà facile: Erdogan non vuole rinunciare a combattere i curdi e Washington non può tradire degli alleati fedeli. La Turchia non sembra, però, cedere qualcosa e la situazione attuale è che si è verificato soltanto un impegno generico tra le due parti per trovare dei meccanismi in grado di potere affrontare le questioni divergenti. Le rispettive posizioni restano distanti ed a questa situazione si aggiunge il probabile accordo tra milizie curde ed esercito regolare di Assad, che Damasco sarebbe disposto ad impiegare come forza di interposizione tra curdi e turchi, per evitare a questi ultimi di avanzare ulteriormente in territorio siriano. Se questa eventualità dovesse concretizzarsi la confusione tra le tutte le parti in causa sarebbe destinata ad aumentare ancora: infatti la domanda legittima è che cosa farà la Russia e che cosa faranno gli Stati Uniti se questa nuova alleanza dovesse diventare realtà.
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