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venerdì 26 ottobre 2018
L'impossibilità di sanzionare l'Arabia Saudita
L’assassinio del giornalista saudita compiuto dal regime di Riad ha avuto come conseguenza quella di provocare una reazione che non si è mai verificata per nessuna delle nefandezze compiute in precedenza dall’Arabia Saudita; infatti non sono bastate le ripetute violazioni dei diritti umani continuamente perpetrate nel paese arabo e neppure le violenze, spesso gratuite o causate da crudele incompetenza, compiute dai militari sauditi nel conflitto dello Yemen anche ai danni di bambini e di donne per determinare una riprovazione internazionale di tale livello. Questo sentimento che ha pervaso la comunità internazionale rappresenta, dunque, una novità nei confronti dell’Arabia Saudita, che, soltanto il governo canadese aveva manifestato in precedenza, entrando in contrasto con Riad. Se le manifestazioni di avversione ai sauditi sono da registrare positivamente, resta il rammarico per non essere arrivate prima e, sopratutto andranno valutate con gli effetti concreti che sapranno e potranno produrre. Questo aspetto è il più rilevante, perchè investe le relazioni dei paesi occidentali con la monarchia saudita e difficilmente potrà avere un impatto tale da potere condizionare i modi di Riad. I rapporti tra i paesi occidentali e l’Arabia Saudita sono contraddistinti da un elevato livello di scambi commerciali, nei quali la bilancia dei pagamenti pende con notevole favore per l’occidente e gli investimenti arabi, grazie alla liquidità fornita dal greggio, sono una parte rilevante nel panorama delle economie occidentali; a ciò si devono aggiungere le forniture di petrolio, che sono essenziali per le industrie europee ed americane. I rapporti sono quindi molto consolidati e possono difficilmente subire variazioni, certo l’interrogativo etico se è lecito fare affari con un regime del genere ora è soltanto una domanda retorica, cui andava data una risposta differente molti anni prima. Una delle possibili sanzioni che è stata pensata, anche dal parlamento europeo, seppure soltanto nell’ultima settimana, è quella di sospendere la vendita di armamenti, ma si tratta di un settore dove l’Arabia Saudita rappresenta il secondo compratore mondiale, dopo l’India, che ha incrementato la sua spesa militare del 225% negli ultimi cinque anni: un investimento, che attualmente rappresenta il 10% delle transazioni mondiali. Si tratta, come è evidente, di cifre enormi, che riguardano tutti i paesi occidentali e che interessano un grande numero di industrie con una grande quantità di posti di lavoro impiegati. Non ha caso il presidente americano Trump ha parlato espressamente di una possible perdita di un milione di posti di lavoro, nel caso di un embargo contro l’Arabia Saudita. Se i numeri di Trump non sembrano essere sostenuti da dati concreti, il danno economico del possibile blocco alla vendita, sostenuto anche dai democratici e da parte dei repubblicani americani, appare inequivocabile, rendendo praticamente impossibile la volontà di chi vuole attuare il blocco della vendita delle armi a Riad. Tuttavia esiste anche una ulteriore motivazione, oltre a quella economica, che impedisce di bloccare le armi verso i sauditi: impedire l’ingresso nel marcato saudita a russi e cinesi, che hanno più volte tentato, senza alcun, successo, di vendere i propri armamenti all’Arabia. Mantenere aperto il canale della vendita delle armi con i sauditi significa, sopratutto per gli Stati Uniti non compromettere il legame diplomatico, rinforzato dopo l’elezione di Trump, tra Riad e Washington, giudicato essenziale per il contenimento dell’Iran nello scacchiere medio orientale, ciò rientra anche negli interessi di Israele, che continua la sua alleanza non ufficiale con l’Arabia contro Teheran. L’impatto sugli assetti mediorientali subirebbe quindi delle variazioni attualmente non definibili, perchè un eventuale embargo occidentale degli armamenti potrebbe produrre delle reazioni diplomatiche tali da incidere sugli attuali scenari, scatenando un riassetto fortemente variato, dove la leadership americana potrebbe subire dei ridimensionamenti in grado di apportare a pericolose decisioni, sopratutto con una amministrazione come quella attuale insediata alla Casa Bianca. Occorre ricordare anche che parte delle forniture in armamenti acquistate dall’Arabia Saudita vengono trasferite a quei paesi alleati, sempre di religione sunnita, che non hanno i sufficienti mezzi economici da investire in materiale bellico, ma, che, Riad ha tutto l’interesse affinché mantengano un esercito adeguatamente equipaggiato, primo fra tutti l’Egitto. Per questi motivi gli USA attueranno una ritorsione di tipo individuale esclusivamente contro gli esecutori dell’assassinio del giornalista e non contro i mandanti, ciò però pone ancora una volta l’interrogativo della convenienza di determinate alleanze da parte di paesi democratici con nazioni che sono espressione di sistemi di governo fortemente dittatoriali e quindi contro i valori fondanti dell’occidente.
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