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martedì 20 novembre 2018
L'Arabia Saudita alleato non affidabile per gli USA
Trump ha invertito la tendenza di Obama nei confronti dell’Arabia Saudita; il regno arabo, tradizionalmente vicino agli Stati Uniti si era allontanato da Washington per la condotta americana tenuta durante i negoziati con l’Iran per il nucleare di Teheran. L’avvicinamento era stato interpretato da Ryad come una sorta di sbilanciamento a favore del nemico sciita; in realtà i dubbi statunitensi riguardavano l’atteeggiamento saudita nei confronti dello Stato islamico, caratterizzato da una sorta di contiguità con i fondamentalisti, che andava contro ogni interesse americano. Con l’elezione di Trump, naturalmente ostile a Teheran ed al trattato sul nucleare i due paesi si sono riavvicinati, anche grazie all’alleanza non ufficiale tra Ryad e Tel Aviv, fondata proprio sul nemico comune iraniano. Secondo il presidente americano l’Arabia Saudita poteva diventare un alleato strategico, sia dal punto di vista politico, che da quello militare ed anche per i potenziali accordi economici, che potevano essere allacciati tra i due paesi. Il fatto che la monarchia saudita sia espressione di un governo totalitario, che nega ogni libertà e diritto politico e civile, non ha mai scalfito l’opinione di Trump, come, peraltro, di quasi tutti i governi occidentali. Nel programma di Trump l’Arabia Saudita avrebbe dovuto esercitare un ruolo di regolazione al rialzo nella produzione di petrolio, avrebbe dovuto impegnare direttamente i suoi soldati in Siria per contrastare la presenza iraniana, avrebbe dovuto contribuire in modo sostanzioso all’industria della armi statunitense tramite ingenti ordinativi. Nessuno di questi obiettivi pare essersi concretizzato: la volontà saudita è quella di limitare la produzione di petrolio andando nella traiettoria inversa da quella richiesta da Washington, l’esercito saudita è impegnato nella guerra in Yemen, dove non riesce ad avere ragione in modo definitivo sui ribelli, denunciando, quindi un grado di preparazione che giustifica il mancato impegno su di un teatro di guerra molto più impegnativo come quello siriano e gli ordinativi di armi americane si sono limitati a modiche quantità, rispetto ai volumi attesi. In più la questione dell’uccisione del giornalista dissidente avvenuta in Turchia, probabilmente su mandato del principe ereditario ha provocato una reazione molto forte dell’opinione pubblica americana, che richiede delle sanzioni verso il paese arabo. Malgrado tutte queste ragioni Trump insiste a volere mantenere un rapporto privilegiato con uno stato che sembra offrire una alleanza soltanto di comodo. Una delle ragioni è la mancanza di lungimiranza della Casa Bianca che continua a vedere l’Arabia Saudita come un elemento fondamentale nella scacchiera contro l’Iran, ma a questa convinzione non sono mai seguiti fatti concreti, se non proclami senza seguito. La questione è che Trump aveva individuato l’Arabia come possibile sostituto nell’area mediorientale, ma Ryad si è dimostrato non all’altezza ed il presidente americano non ha un piano alternativo e deve continuare a negare l’evidenza di fronte al mondo. La Germania ha iniziato il boicottaggio della vendita delle proprie armi e potrebbe presto essere seguita da altri paesi occidentali, sempre più infastiditi dal comportamento del principe ereditario e, sopratutto dai continui massacri di civili inermi che il paese arabo sta compiendo nello Yemen. Perfino Israele sembra meno vicino ai sauditi, lasciando Washington in un pericoloso isolamento internazionale, neppure giustificato da ragioni di convenienza. Con il risultato elettorale americano Trump risulta indebolito sul fronte interno e gli sarà praticamente impossibile avere l’appoggio della camera per iniziative che permettano rapporti ancora più stretti con gli arabi. Il punto debole resta però il peso politico americano in medioriente, con l’Arabia Saudita che sembra procedere su di un percoso avulso dagli interessi americani, gli Stati Uniti devono trovare una nuova strategia per impedire la crescita esponenziale della Russia e dell’Iran nella regione e, per ora, non sembra che l’amministrazione di Trump sia in grado di elaborare alcunché.
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