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venerdì 2 novembre 2018
Trump usa l'immigrazione per cercare consenso contro i democratici nelle prossime elezioni
Le imminenti elezioni americane, che si svolgeranno martedi prossimo, sono diventate una sorta di referendum sul presidente in carica. Lo stesso Trump ha indirizzato la competizione elettorale su di una valutazione del suo operato e dei possibili sviluppi che il risultato del voto potrà determinare. L’inquilino della Casa Bianca, nonostante i buoni risultati economici a livello federale, che ha conseguito, sembra temere molto la possibile avanzata dei democratici, che ne indebolirebbe notevolmente il peso politico; proprio per questo ha incentrato la sua campagna elettorale su di un tema a cui il suo elettrato più fedele è particolarmente sensibile: l’immigrazione. Si tratta di un argomento, che secondo la strategia del presidente in carica, potrebbe permettere di guadagnare molti consensi presso l’elettorato repubblicano, specie in quello meno motivato a votare per la camera ed il senato. La paura di Trump è che una parte consistente di chi ha espresso il voto in suo favore nella competizione presidenziale, non sia sufficientemente motivata a recarsi ai seggi per votare un partito repubblicano da cui è socialmente e culturalmente sempre più distante. La maggiore compattezza dell’elettorato democratico, che ha motivi di rivalsa, proprio contro Trump, più stimolanti per andare ad esprimere il proprio voto, rappresenta il maggiore pericolo per una sconfitta repubblicana. La tattica di Trump contro questa evenienza è semplice: presentare il pericolo immigrazione come fonte di preoccupazione principale per i ceti politici che lo hanno eletto: le regioni dell’America profonda e la parte più povera del paese, che teme di perdere parti di reddito a favore dei migranti. L’impressione è che Trump usi queste argomentazioni estreme perchè teme fortemente una possibile affermazione democratica, che potrebbe derivare da una grande partecipazione alle urne dovuta alla grande mobilitazione contro la figura del presidente in carica. Anche il fatto che siano stati usati poco o nulla i positivi dati economici fa capire come, per gli strateghi di Trump, ci sia la sensazione di un possibile rilassamento degli elettori che hanno decretato la vittoria del magnate americano alle presidenziali, anche dovuta alla mancata possibilità di esprimere un voto direttamente a favore del presidente in carica. Molto dipenderà da quanti elettori si recheranno alle urne e la chiamata di Trump rileva che con la possibilità di una bassa affluenza si possa verificare l’affermazione dei democratici; i quali, peraltro, sembrano in vantaggio sui sondaggi, anche se ciò non è più molto significativo dopo le previsioni errate, che hanno contradistinto le ultime presidenziali. Certo per Trump fatti della cronaca, come la marcia dei centroamericani in direzione degli Stati Uniti, sembrano giocare a favore dei suoi temi elettorali, favorendo anche provvedimenti, come lo schieramento dell’esercito ai confini, che costituiscono dei chiari spot elettorali. La possibilità che il partito repubblicano non controlli più entrambe le camere costituirebbe un ostacolo non di poco conto per l’attuazione delle politiche pensate da Trump: il rischio maggiore è di perdere la Camera, che viene rinnovata completamente, mentre ciò sarà più difficile al Senato, dove il rinnovo dei rappresentanti riguarda soltanto un terzo sul totale. Per i democratici la valenza elettorale di questo appuntamento con le urne è duplice: se da una parte è necessaria una affermazione del partito intesa come prova contro il presidente in carica, per dimostrare la contrarietà del paese ad un personaggio fortemente controverso, dall’altro lato la concomitanza con l’elezione in 36 stati su 50, della carica di governatore, può rappresentare una interessante prova per individuare possibili sfidanti da presentare alle primarie per le presidenziali del 2020. Questa elezione avrà anche riflessi internazionali sopratutto per fermare la tendenza nazionalista e dei fautori della sovranità che si sta affermando nel mondo, sui rapporti tra USA e Cina e con l’Unione Europea, che Trump ha individuato come nemico commerciale e contro la quale sta portando avanti una tattica di divisione per permettere l’affermazione americana. Un eventuale stop del trend favorevole a Trump potrebbe rimettere in discussione tutti questi aspetti.
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