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martedì 12 febbraio 2019

L'incerta politica diplomatica USA nell'Europa dell'est

La visita del Segretario di stato americano in Europa orientale indica la mancanza di una programmazione a lungo raggio della diplomazia statunitense, perchè troppo condizionata dal dualismo di attrazione ed avversione con Putin, che contraddistingue la presidenza Trump, che si unisce alle tendenze isolazioniste e propense alla tutela esclusiva degli interessi nazionali della Casa Bianca in perfetto accordo con i paesi che appartenevano al Patto di Varsavia. La prima tappa del viaggio di Mike Pompeo sarà l’Ungheria, governata da un esecutivo profondamente contrario all’Unione Europa, di cui continua a fare parte senza rispettarne gli obblighi, ma raccogliendone soltanto i vantaggi. Sull’avversione a Bruxelles Washington e Budapest sono allineate, come sono in accordo per le tendenze illiberali, la xenofobia ed il populismo, che in Ungheria hanno maggiori margini di manovra, rispetto agli USA, per la mancanza di quei contrappesi giuridici, presenti negli Stati Uniti, che limitano l’azione di Trump. Tuttavia alla base del rapporto bilaterale vi è una contraddizione evidente: il presidente ungherese è sempre più vicino a Putin (segnale inequivocabile dell’immaturità democratica della maggioranza popolo ungherese che lo ha eletto), in un momento nel quale la tensione tra Mosca e Washington è su livelli preoccupanti  per il ritiro unilaterale americano dal trattato di non proliferazione nucleare. L’amministrazione americana, che apprezza la sintonia con quella ungherese, ha concordato con Budapest un rafforzamento congiunto dei meccanismi di difesa, ma ciò non può non destare sospetti sulle reali intenzioni di Orban; esiste, cioè, un pericolo potenziale di un comportamento ambivalente degli ungheresi, pronti a prendere i vantaggi provenienti sia dagli americani, che dai russi? Del resto il governo ungherese ha già attuato questa tattica, con il governo italiano, con il  quale dice di condividere le preoccupazioni e l’atteggiamento verso l’immigrazione, senza poi appoggiare Roma nella sede dell’Unione e continuando ad evitare un coinvolgimento diretto nella questione migratoria, lasciando l’Italia senza un aiuto concreto sia per la divisione dei migranti, sia per la ricerca di soluzioni alternative. Gli Stati Uniti non si rendono conto che cercando consensi alle loro posizioni, possono trovare alleati non sinceri, una conseguenza di una politica estera non definita ed al di fuori degli stess interessi americani. Il viaggio del Segretario di stato continuerà in Polonia e Slovacchia, incontrando governi su posizioni altrettanto favorevoli alla tutela degli interessi nazionali contro quelli europei, come quelle ungheresi, ma non vicine a Putin ed, anzi, preoccupati dei possibili sviluppi del potenziale riarmo nucleare. Il timore degli analisti di una tendenza sempre più isolazionista degli Stati Uniti, nel tema della difesa, anche in territori cruciali come l’Europa ed in particolare l’Europa dell’Est è una paura condivisa a Varsavia, che vede con timore la possibilità di teste nucleari russe a pochi chilometri dai suoi confini. Per evitare questo pericolo la Polonia si è impegnata sul capitolo delle spese militari come richiesto da Trump, ma l’atteggiamento della Casa Bianca non è rassicurante verso l’alleato polacco proprio per il ritiro dal trattato di non proliferazione nucleare. Ciò potrebbe innescare la reazione russa, che unita alle tendenze isolazioniste di Washington, potrebbe creare le condizioni per per riempire il vuoto lasciato dagli Stati Uniti, con una maggiore presenza di Mosca e Pechino. Con questo scenario l’unica alternativa sarebbe un maggiore peso politico ed anche militare dell’Unione Europea, ma le divisioni tra i suoi membri più importanti hanno indebolito un soggetto già carente di autonomia e prestigio internazionale. Se l’intenzione degli Stati Uniti sarà quella di isolarsi in politica estera, la Casa Bianca non sembra tenere conto delle ricadute che potranno verificarsi dal punto di vista economico, in quella che è sempre l’area commerciale più ricca del mondo. In questa ottica l’influenza russa può essere soltanto marginale, l’economia del paese governato da Putin non ha la forza strutturale per inserirsi in maniera forte in Europa, se non per le materie prime, al contrario la grande forza finanziaria e la grande capacità produttiva cinese potrebbe trarre un grande vantaggio non indifferente dall’attegiamento americano. Se ciò dovesse accadere, però, sarebbe un ulteriore tema di contrasto, capace di mettere in pericolo la pace del vecchio continente.    

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