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venerdì 1 marzo 2019
La ragioni del fallimento di Hanoi tra USA e Corea del Nord
Nonostante le buone premesse, che secondo il presidente statunitense, si erano create con la Corea del Nord, il vertice di Hanoi si è concluso con un nulla di fatto. Trump, probabilmente, ha sopravvalutato la sua capacità di negoziatore internazionale, basata solo sulla sua esperienza di uomo d’affari. Il risultato è stata una interruzione delle trattative che evidenzia come il processo di denuclearizzazione della penisola coreana sia ancora molto lontano e tutto da definire. Per gli USA e, sopratutto per l’inquilino della Casa Bianca, si ha la sensazione che questa conclusione sia stata una sorta di sconfitta diplomatica. Se l’esito atteso era la definizione del processo di denuclearizzazione della Corea del Nord, che resta uno dei principali, se non il principale obiettivo in politica estera di Trump, il risultato è del tutto contrario a questa aspettativa. Il presidente americano, probabilmente si aspettava dall’atteggiamento di Kim Jong una remissione totale, basata sul cattivo stato economico del paese nordcoreano e sulla necessità di reprimere un dissenso interno che pareva crescente. La valutazione di Trump, e certamente di buona parte dei suoi analisti, si è rivelata completamente sbagliata, perchè la richiesta del leader di Pyongyang è risultata volutamente irricevibile. Richiedere la cessazione delle sanzioni senza contropartite sicure, infatti è stata una prova di forza che Kim Jong un ha preparato da tempo per dimostrare di avere ancora tutto il controllo dell’apparato interno di fronte al leader della prima potenza mondiale. Il significato è chiaro: avere fatto sedere Trump al tavolo delle trattative per niente, vuole dire che la Corea del Nord, oltre ad avere la forza nucleare, ha, da questo momento, anche la forza diplomatica per trattare alla pari con gli USA. Anche se ciò naturalmente non è vero, il presidente americano ha regalato una occasione imperdibile al dittatore nord coreano, che gli ha impartito una lezione di politica estera difficile da dimenticare. Grazie alla scarsa attitudine di Trump ad essere un uomo di governo, la visibilità politica della Corea del Nord è cresciuta notevolmente da quando il miliardario americano risiede alla Casa Bianca, un risultato impossibile quando Obama era il presidente, anche se neppure lui eccelleva in politica estera. Non avere capito che per il regime della Corea del Nord, il possesso dell’arma atomica è imprescindibile dalla sua stessa sopravvivenza è un errore enorme, nel quale Trump è caduto grazie alla efficace tattica di Kim Jong, che ha evitato l’esposizione ai media internazionali, evitando di minacciare gli USA e la Corea del Sud e non lanciando più missili di prova nell’oceano. Questo periodo di tranquillità è stato valutato da Trump come sufficiente per aspettarsi un esito positivo della trattativa, nonostante le notizie che i servizi segreti americani comunicavano alla Casa Bianca. In realtà gli impianti nucleari non sono mai stati spenti ed i test atomici sono continuati, ma soltanto nel più assoluto silenzio. Il sospetto è che Kim Jong un abbia usato Trump per indebolire l’immagine americana: un risultato certamente gradito alla Cina. Se il laeder nordcoreano abbia agito da solo per compiacere Pechino o se sia stato strumento consapevole del paese cinese ha poca importanza. La realtà è che la Corea del Nord e la Cina hanno migliorato i rapporti, come dimostrano le quattro visite di Kim Jong un effettuate a Pechino, che segnalano che i rapporti tra i due paesi sono tornati cordiali, dopo periodi molto difficili. Per Pechino è importante che Pyongyang mantenga un atteggiamento diverso in modo da non consentire la tanto temuta unione delle due Coree, che porterebbe i militari americani sulle frontiere cinesi. L’errore fondamentale, da cui deriva il fallimento di Trump nella trattativa con la Corea del Nord, è proprio quello di non avere tenuto conto della variabile Cina nella questione: una sottovalutazione decisiva, che segnala la poca profondità di analisi della Casa Bianca.
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