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mercoledì 17 luglio 2019
L'Iran rifiuta il negoziato sui missili balistici
L’Iran toglie ogni possibilità ad un negoziato sui missili balistici con gli USA. La posizione di Teheran viene giustificata con la politica americana di alleanza con i nemici degli iraniani, che provoca, tra l’altro, la massiccia vendita di armamenti statunitensi alle monarchie sunnite del Golfo Persico ed a Israele. L’Iran, sostanzialmente, starebbe operando una sorta di equilibrio degli armamenti di fronte ad una analoga operazione degli avversari. La rinuncia al negoziato conferma lo stato di tensione tra Washington e Teheran, che continua, andandosi ad affiancare alla questione del nucleare. Il comportamento degli Stati Uniti, con la presidenza Trump, ha riportato il livello di confronto a toni aspri, che si erano progressivamente attenuati con la presidenza Obama, attraverso una politica più moderata, culminata con la firma sul trattato per il nucleare e con la collaborazione delle forze armate iraniane nella lotta allo Stato islamico. Trump ha fatto un argomento centrale della sua politica estera il confronto con l’Iran, da un lato perchè ha ritenuto privilegiare i rapporti con l’Arabia Saudita, a causa dei vantaggi economici che la monarchia sunnita ha consentito di guadagnare per gli USA, sia perchè gli stati sunniti sono stati considerati alleati strategici nel confronto con la Russia, per bilanciare l’attivismo di Mosca in Siria. La questione centrale è la situazione della pace nella regione: esistono troppi fattori potenziali che possono scatenare un conflitto tra stati, che avrebbe ricadute sull’economia mondiale. Teheran si sente accerchiata ed è sotto pressione a causa delle sanzioni americane, che mettono in grande difficoltà una economia già depressa; la tattica statunitense sarebbe quella di esasperare la popolazione, la vera vittima delle sanzioni e non il regime, per scatenare una rivolta contro il potere religioso: questa tattica ha dimostrato di non dare i risultati sperati, sia per il controllo delle forze isituzionali del paese, sia per un nazionalismo sempre presente nella popolazione iraniana, che rifiuta l’ingerenza americana anche negli strati più avversi al regime. Dal punto di vista militare, se per l’industria USA il mercato delle monarchie sunnite ha fatto registrare un incremento delle vendite, la tattica di armare gli avversari di Teheran, ha prodotto nel paese iraniano un grande risentimento, che ha avuto come logica conseguenza la volontà di proseguire nel proprio programma di armamento. Per arrivare all’apertura di un possibile negoziato sarebbe necessario che gli USA sospendessero le forniture di armi agli avversari dell’iran e questo appare il reale intento di Teheran: provocare Washington su questo tema, facendo ricadere la responsabilità di un fallimento dei negoziati, proprio sulla Casa Bianca. Ciò appare un tentativo ulteriore da parte iraniana per rompere il proprio isolamento, dopo avere sollecitato direttamente l’Europa, ma anche indirettamente Pechino e Mosca, a trovare soluzioni che costringano gli Usa al rispetto del trattato sul nucleare. Aggiungere che i missili balistici non possono essere oggetto di trattativa significa dare un segnale non solo agli USA, ma al mondo intero per mettere le potenze mondiali di fronte al pericolo di una escalation militare, con conseguneze incalcolabili per l’economia mondiale. Teheran, di fronte alla potenza messa in campo da Washington, prova a controbattere con quanto gli è disponibile, costruendo una tattica di pressioni dirette ed indirette che sono rivolte a tutta la scena diplomatica mondiale. Evitare una deriva militare nella regione, deve essere, comunque, l’obiettivo primario della comunità internazionale,la quale, tuttavia, non ha ancora prodotto quella azione diplomatica necessaria a rendere la situazione più distesa e favorevole ad un confronto differente tra Washington e Teheran. L’atteggiamento generale, cioè, sembra essere troppo attendista, nessuna potenza sembra volere entrare seriamente nella questione, probabilmente per non irritare gli USA e provocare l’ennesima minaccia di sanzioni economiche, che Trump ormai usa in maniera troppo disinvolta, tuttavia, una maggiore partecipazione appare necessaria per scongiurare un pericolo sempre più probabile.
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