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venerdì 8 novembre 2019

Quale futuro per l'Alleanza Atlantica?

Le dichiarazioni del presidente francese sull’Alleanza Atlantica hanno evidenziato un disagio che oltrepassa lo il territorio di Parigi sul comportamento americano, molto variabile, nei confronti delle strategie dell’Alleanza e la loro funzionalità. L’arrivo al potere di Trump ha determinato una nuova visione americana circa l’Europa, intesa come potenza globale non funzionale agli interessi americani. Non è un mistero che il presidente americano abbia praticato una tattica divisiva all’interno degli stati dell’Unione per favorire una frammentazione in modo da avere a che fare con i singoli stati, per ottenere un rapporto di forza più vantaggioso per Washington, rispetto alla forza comune che l’Unione tutta assieme può mettere in campo. L’interesse del presidente USA è principal
mente economico, ma ciò rileva una debolezza di visone sia sul breve che sul lungo periodo, perchè tralascia l’importanza dell’alleato europeo, nel suo insieme, sia come alleato diplomatico, che come alleato militare. Da questo ultimo punto di vista il rapporto è incrinato per l’accusa, non senza ragioni evidenti, dell’appiattimento europeo sull’apporto preponderante fornito dagli americani nel sistema complessivo di difesa atlantica. Le considerazioni USA parlano in maniera evidente di contributi finanziari europei non ritenuti all’altezza da parte degli Stati Uniti, ma se ciò poteva essere giudicato corretto in un quadro di alleanza con finalità coincidenti, la politica di Trump può ora offrire ragionevoli giustificazioni a contribuzioni poco convinte. Il mancato rispetto dell’accordo sul nucleare iraniano, l’appiattimento sull’alleanza con l’Arabia Saudita, paese ritenuto non affidabile per i suoi comportamenti relativi allo Stato islamico, la politica troppo permissiva concessa ad Israele sull’espansione delle colonie nei territori palestinesi, la tolleranza lasciata ai comportamenti turchi, l’abbandono dei combattenti curdi ed i già citati tentativi di dividere l’Unione, hanno reso gli Stati Uniti un partner sempre meno affidabile, che ha reso necessario accelerare la direzione verso l’autonomia militare europea, tra l’altro nuovo argomento di scontro con la Casa Bianca. Considerando tutte queste ragioni le dichiarazioni provenienti dall'Eliseo assumono una valenza differente, perchè inquadrate da fattori negativi concreti che alimentano un senso di disagio difficlmente non condivisibile. L’interrogativo se l’Alleanza Atlantica ha ancora un senso assume un significato concreto, che va oltre la mera provocazione. Anche perchè dal punto di vista normativo ed organizzativo l’Alleanza appare immobile di fronte al caso recente più grave: il comportamento americano nell’abbandonare gli alleati curdi, fondamentali per l’azione contro il califfato, ritenuta di importanza strategica fondamentale per la protezione stessa dell’Europa. Di pari passo la troppa libertà lasciata ai turchi, che hanno più volte ricattato l’Europa, e che si sono dimostrati anch’essi alleati inaffidabili per i rapporti equivoci tenuti con le milizie islamiche sunnite ed con quelle del califfato. C’è anche una questione non secondaria che è rappresentata dalla svolta autoritaria presa da Ankara e che costituisce un elemento ulteriore di dubbio aulla reale convenienza di avere tra i membri dell’Alleanza Atlantica il paese turco. Giustamente il presidente francese si interroga sull’articolo cinque del trattato atlantico, che obbliga i membri dell’alleanza ad intervenire in difesa dell’alleato che subisce un attacco; ma quelli che i turchi considerano attacchi dai curdi possono rientrare nella casistica del trattato? Aldilà di queste considerazioni, ciò appare evidente è che in una alleanza militare delegittimata dal socio di maggioranza, l’Unione Europea non può affrontare le sfide che i nuovi scenari impongono: l’aumento di potere della Cina e le pretese russe di recitare di nuovo un ruolo di grande potenza e lo stesso atteggiamento americano, richiedono un nuovo e diverso grado di autonomia dell’Europa, capace di diventare autosufficiente sul piano della difesa, attraverso una differente impostazione militare e su quello della politica internazionale, con una azione diplomatica più incisiva. Tutte queste considerazioni portano ad interrogarsi in modo legittimo sul destino dell’Alleanza Atlantica e sul suo ruolo di forntte alle nuove sfide, anche se sarà necessario aspettare la direzione da prendere in base alle prossime presidenziali statunitensi: se l’inquilino della Casa Bianca sarà lo stesso, forse, sarà auspicabile uno smarcamento europeo, seppure sempre in un quadro di alleanza con gli Stati Uniti, sebbene interpretato in maniera differente è certamente più autonomo. La sfida, necessaria, sarà raggiungere questa capacità in tempi relativamente brevi.

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