Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
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lunedì 11 dicembre 2017
روسيا تسحب قواتها من سوريا
وقبل
الزيارة المقررة لمصر، قام الرئيس الروسى بوتين بزيارة مفاجئة لسوريا، حيث
أعلن انسحاب معظم أفراد الجيش الروسى الموجودين فى البلاد. وبالنسبة
لروسيا، فإن العملية السورية، دعما للأسد، قد اختتمت تقريبا من خلال إبقاء
حكومة دمشق في السلطة ومع هزيمة أولئك الذين تم استدعاؤهم بأقوى الجماعات
الإرهابية العسكرية الدولية. اذا
انسحبت موسكو معظم قواتها يعني أنه يعتقد أن خطر ترسب الأسد تم تجنب وأن
الميليشيات الخلافة، ولكن أيضا تلك لتنظيم القاعدة، وهذا هو التعبير عن
الإرهاب السنة، فإنها قد هزم، لذلك كما يبدو الآن مؤكدا حتى في العراق، بعد أن أعطت الحكومة المحلية إعلانا رسميا عن هزيمة الدولة الإسلامية. أما
بالنسبة لنظام دمشق، فإن السيادة التي تمارسها الآن لا تتطابق مع السيادة
التي كانت عليها قبل الحرب الأهلية، ولكن أهم أجزاء البلاد لا تزال تحت
سيطرة الأسد، في حين لا تزال هناك بعض الأراضي ذات القيمة الأقل. ،
في أيدي المعارضة الديمقراطية، أي تلك التي تدعمها واشنطن والجانب الكردي
على الحدود مع تركيا، والتي لا تزال تحت سيطرة القوات الكردية. إذا،
إذا حافظ الأسد على قيادة سوريا، فإن إدارته تظهر الآن تحت السيطرة
المباشرة للروس، وأكثر تحفظا من الإيرانيين الذين يواصلون الحفاظ على موقف
محجوز في الأماكن العامة. ويمكن
أن يمثل قرار موسكو معنى البدء المحتمل لمرحلة التفاوض لمستقبل البلد
السوري، حيث قد يكون الوجود الواسع لقوة مسلحة أجنبية، منتشرة بشكل واضح
جدا، مرهقا للغاية، سواء بالنسبة لدمشق أو ل نفس روسيا؛ من
ناحية أخرى، أظهرت الكرملين أنه في بلد السوري سيبقى وحدة صغيرة وكان
الانسحاب لا يعني فك الارتباط ضد الإرهاب، بالنظر إلى أن موسكو مستعدة
للعمل بعد حيز التنفيذ، إذا كان الوضع القوى الإرهابية الحالية مرة أخرى في سوريا. ولكن
من بين أسباب الانسحاب، وصل في مفاجئ تقريبا، يمكن أن يكون هناك أيضا
أسباب تتعلق الاشتباك دوافع سياسية، وهذا هو الناشئة في النزاع الداخلي
كليا إلى الإسلام وإلى التطورات الأخيرة في الشرق الأوسط، يترتب على القرار
الأمريكي ونقل السفارة إلى القدس ثم الاعتراف بالمدينة عاصمة إسرائيلية. وعلى
خلفية هذا الصراع، شكلت كتلتان متعارضتان، من جهة، شكلتهما الولايات
المتحدة وإسرائيل والمملكة العربية السعودية، ومن جانب روسيا وإيران وتركيا
من ناحية أخرى. ويمكن
لموسكو، مع انسحاب قواتها من سوريا، أن تهدف إلى الحصول على موقف أكثر
أهمية، من وجهة النظر الدبلوماسية، من دون أن تكون قادرة على الهجوم بسبب
وجود عسكري واسع النطاق في المنطقة. لقد
حاول بوتين مرارا وتكرارا ضرب التحركات الصحيحة، وفي الوقت الحالي يقيم
الكرملين بشكل أكثر إيجابية، نهجا تجاه القضية الأكثر ليونة. وتريد
روسيا التي تقف الى جانب ايران ان تتخذ موقفا اكثر اعتدالا من اجل موازنة
قساوة طهران ضد الولايات المتحدة واسرائيل والعدو التاريخي الذي تمثله
السعودية. وبعد
وقت التدخل، يعتبر بوتين الآن أن من الأفضل أن يكون هناك مسار دبلوماسي لا
يمكن أن يتأثر بطريقة سلبية من خلال مظاهر مستمرة للقوة. إن
الحصار الذي يخالف نقل السفارة الأمريكية، يمكن أن يعتمد على موقف أوروبا
النقيض، وهو التقارب الذي يمكن أن تستفيد منه موسكو من الازدواجية التي ترى
أنها تتعامل مع الولايات المتحدة الأمريكية. إن
موقف الدول الأوروبية الأكثر تأثيرا، منذ فترة طويلة منذ نشرها ضد التوسع
الإسرائيلي في المستعمرات، تم تعزيزه ضد المناورة الأمريكية، التي تمت
بالكرامة وبدعم من الدولة الإسرائيلية. هذه
الحالة من الإجهاد القضية الإسرائيلية الفلسطينية قد يؤدي إلى بدء مفاوضات
جديدة، فيها الولايات المتحدة ستفقد وزنها محدد لإنكار ممكن من القيادة
الفلسطينية، فقط نتيجة لقرار نقل السفارة الأمريكية إلى القدس. في هذه الحالة، يمكن أن يكون بوتين معتمدا، ربما مع أوروبا أو مع بعض الدول الأوروبية فقط، كضامن جديد للمفاوضات.
mercoledì 6 dicembre 2017
La pericolosa decisione americana di spostare l'ambasciata a Gerusalemme
Trump l’aveva promesso in campagna elettorale: l’ambasciata USA in Israele sarebbe stata spostata da Tel Aviv, la capitale dello stato israeliano, a Gerusalemme. Probabilmente era un debito verso finanziatori della sua campagna elettorale o, forse, un tentativo di fare un gesto ad effetto in un settore, quello della politica internazionale, del quale non sembrava, e non sembra tutt’ora, avere compreso i complicati meccanismi e gli equilibri fortemente instabili da cui è caratterizzata. Dopo circa un anno dall’insediamento alla Casa Bianca, questa decisione non era ancora stata attuata: forse per la questione più urgente della Corea del Nord, forse per un sistema della composizione dell’amministrazione americana, che ha più o meno impedito fino ad ora, che l’inesperienza internazionale di Trump, unita al disprezzo delle regole del diritto internazionale, provocassero dei danni ingenti, con ricadute quasi certe sul piano mondiale. Ma ora è venuto il momento di mantenere fede alla promessa elettorale: l’ambasciata americana in Israele non sarà più nella capitale dello stato, caso unico al mondo, dato che la massima rappresentanza di un paese all’estero deve essere collocata soltanto nella capitale di quella nazione. La domanda da farsi è perchè proprio adesso si deve attuare questa decisione? La percezione è che non può essere casuale la concomitanza dello spostamento dell’ambasciata statunitense con l’attenzione delle testate giornalistiche e delle televisioni mondiali sul momento di grande difficoltà di Trump sul coinvolgimento della Russia nella sua elezione. Trump ed il suo entourage lanciano una vera e propria bomba mediatica per distogliere l’attenzione, sia interna, che esterna, dagli sviluppi sull’indagine; questa strategia, se veritiera, denuncia un grave stato di difficoltà, perchè mette gli Stati Uniti di fronte alla responsabilità di un possibile sconvolgimento mondiale, che rischia di trascinare Washington in un impegno diretto molto gravoso. Appare superfluo ricordare che nel momento contingente la preoccupazione della Corea del Nord e della sua capacità atomica sarebbe dovuta bastare come impegno internazionale. La vicenda di Gerusalemme, invece, rischia di compromettere le relazioni con gli alleati arabi, come Turchia, Egitto e Giordania e favorire la ripresa del terrorismo palestinese su grande scale. Una implicazione da non sottovalutare è che l’Arabia saudita, aldilà di un atteggiamento di facciata, non interferirà più di tanto con il nuovo alleato, Israele, lasciando il campo aperto ad una opzione per la questione palestinese da parte iraniana. Se questo fattore dovesse verificarsi, sia direttamente, che indirettamente, il confronto tra sunniti e sciiti sarebbe destinato a registrare una pericolosa escalation, che potrebbe essere propedeutica alla riapertura di un conflitto mediorientale. Le variabili in gioco sono diverse: una da considerare in maniera attenta è lo Stato islamico, che, nonostante la sconfitta militare sia sempre vicina, potrebbe riciclarsi in grande stile come movimento terroristico puro, cioè senza l’ambizione di esercitare una sovranità territoriale, almeno per il momento, e di saldarsi con le posizioni più estreme dei palestinesi, mettendo sotto pressione Israele ed anche negli Stati Uniti con possibili gravi atti terroristici. La situazione delle milizie palestinesi più estreme rischia di diventare incontrollabile per una dirigenza che non ha saputo evitare che la propria città simbolo assuma il simbolo di capitale di Israele. Il rischio concreto è che i palestinesi accettino l’aiuto militare di chiunque glielo offra: siano le milizie del califfato, che le forze iraniane o le milizie loro alleate. Potrebbe, cioè, crearsi uno stato di cose dove i soggetti su fronti opposti si verrebbero a trovare su fronti comuni e l’obiettivo diventerebbe Israele. Lo scenario sarebbe catastrofico per la pace del mondo intero, se Tel Aviv fosse costretta ad impegnarsi in prima persona per difendere i suoi confini e la sua pace interna e ciò coinvolgerebbe in modo automatico gli Stati Uniti ed il mondo occidentale. La pericolosità di Trump alla Casa Bianca diventa così sempre più concreta: non resta che sperare che l’inchiesta federale porti all’impecheament.
The dangerous American decision to move the embassy to Jerusalem
Trump
had promised it during the election campaign: the US embassy in Israel
would be moved from Tel Aviv, the capital of the Israeli state, to
Jerusalem. It
was probably a debt to his campaigners' financiers or, perhaps, an
attempt to make an effective gesture in a sector, that of international
politics, which did not seem, and still does not seem to have, to have
understood the complicated mechanisms and highly unstable equilibria from which it is characterized. About
a year after the White House settlement, this decision had not yet been
implemented: perhaps due to the most urgent issue of North Korea,
perhaps due to a system of the composition of the American
administration, which has more or less prevented until now ,
that the international inexperience of Trump, together with the
disregard of the rules of international law, caused considerable damage,
with almost certain repercussions on the world level. But
now the time has come to keep the electoral promise: the US embassy in
Israel will no longer be in the state capital, a unique case in the
world, given that the maximum representation of a country abroad must be
placed only in the capital of that nation. The question to ask is why exactly now is this decision to be implemented? The
perception is that it can not be coincidental the concomitance of
moving the US embassy with the attention of journalistic and world
television stations on Trump's difficult moment on the involvement of
Russia in his election. Trump
and his entourage launch a real media bomb to divert attention, both
internal and external, from developments on the investigation; this
strategy, if truthful, denounces a serious state of difficulty, because
it puts the United States in front of the responsibility of a possible
worldwide upheaval, which risks dragging Washington into a very serious
direct commitment. It
seems superfluous to recall that at the present moment the concern of
North Korea and its atomic capacity should have been enough as an
international commitment. The
story of Jerusalem, on the other hand, risks undermining relations with
the Arab allies, such as Turkey, Egypt and Jordan, and encouraging the
resumption of Palestinian terrorism on a large scale. An
implication not to be underestimated is that Saudi Arabia, beyond a
frontal attitude, will not interfere too much with the new ally, Israel,
leaving the field open to an option for the Palestinian question on the
part of Iran. If
this factor were to occur, directly or indirectly, the confrontation
between Sunnis and Shiites would be destined to register a dangerous
escalation, which could be preparatory to the reopening of a Middle East
conflict. The
variables involved are different: one to consider carefully is the
Islamic State, which, despite the military defeat is always close, could
be recycled in style as a pure terrorist movement, ie without the
ambition to exercise territorial sovereignty, at least for
the moment, and to settle with the most extreme positions of the
Palestinians, putting pressure on Israel and also in the United States
with possible serious terrorist acts. The
situation of the most extreme Palestinian militias risks becoming
uncontrollable for a leadership that has not been able to prevent its
symbolic city from assuming the symbol of the capital of Israel. The
real risk is that the Palestinians accept the military help of anyone
who offers it to them: they are the militias of the caliphate, that the
Iranian forces or their allied militias. It
could, in other words, create a state of affairs where subjects on
opposite sides would be on common fronts and the target would become
Israel. The
scenario would be catastrophic for the peace of the entire world, if
Tel Aviv were forced to commit itself to defend its borders and its
internal peace and this would automatically involve the United States
and the Western world. The
danger of Trump in the White House becomes more and more concrete: all
that remains is to hope that the federal investigation will lead to
impecheament.
La peligrosa decisión estadounidense de trasladar la embajada a Jerusalén
Trump
le había prometido durante la campaña electoral: la embajada de Estados
Unidos en Israel sería trasladada desde Tel Aviv, la capital del estado
israelí, a Jerusalén. Probablemente
era una deuda con los financistas de sus activistas o, quizás, un
intento de hacer un gesto efectivo en un sector, el de la política
internacional, que no parecía, y todavía no parece haber tenido, haber
entendido los complicados mecanismos y equilibrios altamente inestables a partir de los cuales se caracteriza. Alrededor
de un año después del acuerdo de la Casa Blanca, esta decisión aún no
se había implementado: tal vez debido a la cuestión más urgente de Corea
del Norte, tal vez debido a un sistema de la composición de la
administración estadounidense, que ha impedido hasta ahora más o menos ,
que la inexperiencia internacional de Trump, junto con el
desconocimiento de las reglas del derecho internacional, causó un daño
considerable, con casi ciertas repercusiones a nivel mundial. Pero
ahora ha llegado el momento de mantener la promesa electoral: la
embajada de EE. UU. En Israel ya no estará en la capital del estado, un
caso único en el mundo, dado que la máxima representación de un país en
el extranjero debe ubicarse solo en la capital de esa nación La pregunta es ¿por qué exactamente ahora se implementa esta decisión? La
percepción es que no puede ser coincidencia la concomitancia de mover
la embajada de los Estados Unidos con la atención de las estaciones de
televisión periodística y mundial en el momento difícil de Trump sobre
la participación de Rusia en su elección. Trump
y su séquito lanzan una verdadera bomba mediática para desviar la
atención, tanto interna como externa, de los avances en la
investigación; esta
estrategia, si es veraz, denuncia un serio estado de dificultad, porque
pone a los Estados Unidos frente a la responsabilidad de una posible
agitación mundial, lo que puede llevar a Washington a un compromiso
directo muy serio. Parece
superfluo recordar que, en este momento, la preocupación de Corea del
Norte y su capacidad atómica deberían haber sido suficientes como un
compromiso internacional. La
historia de Jerusalén, por otra parte, corre el riesgo de socavar las
relaciones con los aliados árabes, como Turquía, Egipto y Jordania, y de
alentar la reanudación del terrorismo palestino a gran escala. Una
consecuencia que no debe subestimarse es que Arabia Saudita, más allá
de una actitud frontal, no interferirá demasiado con el nuevo aliado,
Israel, dejando el campo abierto a una opción para la cuestión palestina
por parte de Irán. Si
este factor se produjera, directa o indirectamente, el enfrentamiento
entre suníes y chiítas estaría destinado a registrar una escalada
peligrosa, que podría ser preparatoria para la reapertura de un
conflicto en Medio Oriente. Las
variables involucradas son diferentes: uno a considerar cuidadosamente
es el Estado Islámico, que, a pesar de la derrota militar siempre está
cerca, podría ser reciclado en el estilo como un movimiento terrorista
puro, es decir, sin la ambición de ejercer la soberanía territorial, al
menos por
el momento, y establecerse con las posiciones más extremas de los
palestinos, presionando a Israel y también a los Estados Unidos con
posibles actos terroristas graves. La
situación de las milicias palestinas más extremas corre el riesgo de
volverse incontrolable para un liderazgo que no ha podido evitar que su
ciudad simbólica asuma el símbolo de la capital de Israel. El
riesgo real es que los palestinos acepten la ayuda militar de
cualquiera que se los ofrezca: son las milicias del califato, las
fuerzas iraníes o sus milicias aliadas. Podría,
en otras palabras, crear un estado de cosas donde los sujetos en lados
opuestos estarían en frentes comunes y el objetivo se convertiría en
Israel. El
escenario sería catastrófico para la paz del mundo entero, si Tel Aviv
se viera forzado a comprometerse a defender sus fronteras y su paz
interna y esto involucraría automáticamente a los Estados Unidos y al
mundo occidental. El
peligro de Trump en la Casa Blanca se vuelve cada vez más concreto: lo
único que queda es esperar que la investigación federal conduzca a la
impugnación.
Die gefährliche amerikanische Entscheidung, die Botschaft nach Jerusalem zu verlegen
Trump
hatte ihr im Wahlkampf versprochen: Die US-Botschaft in Israel würde
von Tel Aviv, der Hauptstadt des israelischen Staates, nach Jerusalem
verlegt werden. Wahrscheinlich
hatte eine Schuld seine Kampagne zu finanzieren, oder vielleicht einen
Versuch, eine Geste zu machen in einem Bereich zu bewirken, dass die
internationalen Politik, die nicht erscheinen, und es scheint immer noch
zu, um die komplizierte Mechanismen zu verstehen und sehr instabile Gleichgewichte, aus denen es sich ergibt. Ungefähr
ein Jahr nach der Regelung des Weißen Hauses war diese Entscheidung
noch nicht umgesetzt worden: vielleicht aufgrund der dringendsten Frage
Nordkoreas, vielleicht aufgrund eines Systems der Zusammensetzung der
amerikanischen Regierung, das es mehr oder weniger bisher verhindert hat
,
dass die internationale Unerfahrenheit von Trump, zusammen mit der
Missachtung der Regeln des internationalen Rechts, erhebliche Schäden
verursacht hat, mit fast bestimmten Auswirkungen auf die Welt Ebene. Aber
jetzt ist die Zeit gekommen Wahlversprechen zu nehmen: die US-Botschaft
in Israel wird nicht mehr in der Landeshauptstadt sein, einzigartig in
der Welt, als höchster Vertreter eines Landes im Ausland darf nur in der
Hauptstadt befindet diese Nation. Die Frage ist, warum gerade diese Entscheidung umgesetzt wird? Die
Wahrnehmung ist, dass es nicht zufällig sein kann, dass die
US-Botschaft mit der Aufmerksamkeit von Journalisten und
Weltfernsehsendern über Trumps schwierige Zeit über die Beteiligung
Russlands an seiner Wahl bewegt wurde. Trump und sein Gefolge starten eine echte Medienbombe, um interne und externe Aufmerksamkeit von den Ermittlungen abzulenken; Diese
Strategie, wenn sie wahr ist, weist auf einen ernsten
Schwierigkeitsgrad hin, weil sie die Vereinigten Staaten vor die
Verantwortung eines möglichen weltweiten Umsturzes stellt, was die
Gefahr mit sich bringt, Washington zu einer sehr ernsthaften direkten
Verpflichtung zu machen. Es
erscheint überflüssig, sich daran zu erinnern, daß die Besorgnis
Nordkoreas und seine atomare Kapazität im gegenwärtigen Augenblick als
internationale Verpflichtung hätte genügen müssen. Die
Geschichte Jerusalems hingegen gefährdet die Beziehungen zu den
arabischen Verbündeten wie der Türkei, Ägypten und Jordanien und fördert
die Wiederaufnahme des palästinensischen Terrorismus in großem Umfang. Eine
Implikation mit der gerechnet werden, dass Saudi-Arabien, jenseits
einer Fassade Haltung, wird nicht zu viel Israel mit dem neuen
Verbündeten einmischen, das Feld für die Palästina-Frage auf der
iranischen Seite eine Option offen zu lassen. Wenn
dieser Faktor direkt oder indirekt eintreten würde, wäre die
Konfrontation zwischen Sunniten und Schiiten dazu bestimmt, eine
gefährliche Eskalation zu registrieren, die die Wiedereröffnung eines
Nahostkonflikts vorbereiten könnte. Die
Variablen sind unterschiedlich: man in einer sorgfältigen Überlegung
ist der islamische Staat, die trotz der militärische Niederlage immer in
der Nähe ist, in der Art als reine Terrorbewegung recyceln könnten, das
heißt, ohne die Ambition territoriale Souveränität auszuüben, zumindest
für
den Moment, und mit den extremsten Positionen der Palästinenser zu
vereinbaren, Druck auf Israel und auch in den Vereinigten Staaten mit
möglichen schweren terroristischen Handlungen. Die
Situation der extremsten palästinensischen Milizen läuft Gefahr, für
eine Führung unkontrollierbar zu werden, die ihre symbolische Stadt
nicht davon abhalten konnte, das Symbol der Hauptstadt Israels zu
werden. Das
wirkliche Risiko besteht darin, dass die Palästinenser die militärische
Hilfe derer akzeptieren, die sie ihnen anbieten: sie sind die Milizen
des Kalifats, die iranischen Streitkräfte oder ihre verbündeten Milizen.
Mit
anderen Worten, es könnte einen Zustand schaffen, in dem sich die
Untertanen auf entgegengesetzten Seiten befinden und das Ziel Israel
werden würde. Das
Szenario wäre katastrophal für den Frieden in der ganzen Welt, wenn Tel
Aviv gezwungen wäre, sich zu verpflichten, seine Grenzen und seinen
inneren Frieden zu verteidigen, und dies würde automatisch die
Vereinigten Staaten und die westliche Welt einbeziehen. Die
Gefahr von Trump im Weißen Haus wird immer konkreter: Es bleibt nur
noch zu hoffen, dass die Bundesuntersuchung zu einer Straflosigkeit
führen wird.
La décision américaine dangereuse de déplacer l'ambassade à Jérusalem
Trump
l'avait promis pendant la campagne électorale: l'ambassade des
Etats-Unis en Israël serait transférée de Jérusalem à Tel Aviv, la
capitale de l'Etat israélien. Probablement
eu une dette pour financer sa campagne, ou peut-être une tentative de
faire un geste pour effectuer dans un domaine, celui de la politique
internationale, qui ne paraissent pas, et il semble encore, vous
comprenez les mécanismes complexes et équilibres très instables à partir desquels il est caractérisé. Après
environ un an de la Maison Blanche, cette décision n'a pas encore été
mis en œuvre: peut-être la question la plus urgente de la Corée du Nord,
peut-être un système de composition d'administration américaine, qui a
plus ou moins encombré jusqu'à présent ,
que l'inexpérience internationale de Trump, avec le mépris des règles
du droit international, a causé des dommages considérables, avec des
répercussions presque certaines sur le plan mondial. Mais
maintenant, le temps est venu de prendre promesse électorale:
l'ambassade américaine en Israël ne sera plus dans la capitale de
l'Etat, unique au monde, comme le plus haut représentant d'un pays
étranger doit se trouver que dans la capitale cette nation. La question à se poser est pourquoi exactement cette décision doit-elle être appliquée? La
perception est que ce n'est pas une coïncidence si le fait de déplacer
l'ambassade des États-Unis à l'attention des chaînes de télévision
journalistique et mondiale est un moment difficile pour Trump sur
l'implication de la Russie dans son élection. Trump
et son entourage lancent une véritable bombe médiatique pour détourner
l'attention, interne et externe, des développements de l'enquête; cette
stratégie, si elle est véridique, dénonce un sérieux état de
difficulté, car elle met les États-Unis devant la responsabilité d'un
éventuel bouleversement mondial, qui risque de précipiter Washington
dans un engagement direct très sérieux. Il
semble superflu de rappeler qu'à l'heure actuelle, la préoccupation de
la Corée du Nord et de sa capacité atomique aurait dû être suffisante en
tant qu'engagement international. Par
contre, l'histoire de Jérusalem risque de compromettre les relations
avec les alliés arabes, tels que la Turquie, l'Égypte et la Jordanie, et
d'encourager la reprise du terrorisme palestinien à grande échelle. Une
implication à laquelle il faut compter que l'Arabie Saoudite, au-delà
d'une attitude de façade, ne gênera pas trop avec le nouvel allié
d'Israël, laissant le champ libre à une option pour la question
palestinienne du côté iranien. Si
ce facteur devait se produire, directement ou indirectement, la
confrontation entre sunnites et chiites serait destinée à enregistrer
une escalade dangereuse, qui pourrait être préparatoire à la réouverture
d'un conflit au Moyen-Orient. Les
variables sont différentes: l'une dans une attention particulière est
l'état islamique, qui, malgré la défaite militaire est toujours proche,
pourrait recycler dans le style comme mouvement terroriste pur, qui est,
sans l'ambition d'exercer la souveraineté territoriale, au moins pour
le moment, et de régler avec les positions les plus extrêmes des
Palestiniens, en faisant pression sur Israël et aussi aux États-Unis
avec d'éventuels actes terroristes graves. La
situation des milices palestiniennes les plus extrêmes risque de
devenir incontrôlable pour une direction qui n'a pas pu empêcher sa
ville symbolique de prendre le symbole de la capitale d'Israël. Le
vrai risque est que les Palestiniens acceptent l'aide militaire de
quiconque leur en offre: ce sont les milices du califat, les forces
iraniennes ou leurs milices alliées. En
d'autres termes, cela pourrait créer un état de choses où les sujets
des deux côtés seraient sur des fronts communs et la cible deviendrait
Israël. Le
scénario serait catastrophique pour la paix du monde entier, si
Tel-Aviv devait s'engager à défendre ses frontières et sa paix
intérieure et cela impliquerait automatiquement les Etats-Unis et le
monde occidental. Le
danger de Trump à la Maison Blanche devient de plus en plus concret: il
ne reste plus qu'à espérer que l'enquête fédérale conduira à des
impratications.
A perigosa decisão americana de mover a embaixada para Jerusalém
Trump
lhe havia prometido durante a campanha eleitoral: a embaixada dos EUA
em Israel seria transferida de Tel Aviv, a capital do estado de Israel,
para Jerusalém. Provavelmente
era uma dívida para os financiadores de seus ativistas ou, talvez, uma
tentativa de fazer um gesto efetivo em um setor, o da política
internacional, que não pareceu, e ainda não parece, ter compreendido os
complicados mecanismos e equilíbrio altamente instável a partir do qual se caracteriza. Cerca
de um ano após o acordo da Casa Branca, esta decisão ainda não havia
sido implementada: talvez devido à questão mais urgente da Coréia do
Norte, talvez devido a um sistema de composição da administração
americana, que tem mais ou menos impedido até agora ,
que a inexperiência internacional de Trump, juntamente com o
desrespeito das regras do direito internacional, causou danos
consideráveis, com repercussões quase determinadas a nível mundial. Mas
agora chegou a hora de manter a promessa eleitoral: a embaixada dos EUA
em Israel não estará mais na capital do estado, um caso único no mundo,
dado que a representação máxima de um país no exterior deve ser
colocada apenas na capital de essa nação. A pergunta a perguntar é por que exatamente agora essa decisão deve ser implementada? A
percepção é que não pode coincidir com a concomitância de mover a
embaixada dos EUA com a atenção das estações de televisão jornalística e
mundial no momento difícil de Trump sobre o envolvimento da Rússia em
suas eleições. Trump
e sua comitiva lançam uma verdadeira bomba de mídia para desviar a
atenção, interna e externa, dos desenvolvimentos da investigação; Esta
estratégia, se verdadeira, denuncia um grave estado de dificuldade,
porque coloca os Estados Unidos diante da responsabilidade de uma
possível agitação mundial, que arrisca arrasar Washington para um
compromisso direto muito sério. Parece
supérfluo lembrar que, no momento presente, a preocupação da Coréia do
Norte e sua capacidade atômica deveria ter sido suficiente como um
compromisso internacional. A
história de Jerusalém, por outro lado, corre o risco de minar as
relações com os aliados árabes, como a Turquia, o Egito e a Jordânia, e
incentivar a retomada do terrorismo palestino em grande escala. Uma
implicação que não deve ser subestimada é que a Arábia Saudita, além de
uma atitude frontal, não interferirá demais com o novo aliado, Israel,
deixando o campo aberto a uma opção para a questão palestina por parte
do Irã. Se
esse fator acontecesse, direta ou indiretamente, o confronto entre
sunitas e xiitas seria destinado a registrar uma escalada perigosa, que
poderia ser preparatória para a reabertura de um conflito no Oriente
Médio. As
variáveis envolvidas são diferentes: um para considerar com atenção é
o Estado islâmico, que, apesar da derrota militar está sempre próximo,
pode ser reciclado em estilo como um puro movimento terrorista, ou seja,
sem ambição de exercer soberania territorial, pelo menos por
enquanto, e para se estabelecer com as posições mais extremas dos
palestinos, pressionando Israel e também nos Estados Unidos com
possíveis atos sérios de terrorismo. A
situação das milícias palestinas mais extremas corre o risco de se
tornar incontrolável para uma liderança que não conseguiu impedir que
sua cidade simbólica assumisse o símbolo da capital de Israel. O
risco real é que os palestinos aceitam a ajuda militar de qualquer um
que lhes ofereça: são as milícias do califado, que as forças iranianas
ou suas milícias aliadas. Poderia,
em outras palavras, criar um estado de coisas em que assuntos de lados
opostos estariam em frentes comuns e o alvo se tornaria Israel. O
cenário seria catastrófico para a paz do mundo inteiro, se Tel Aviv
forçou-se a se comprometer a defender suas fronteiras e a paz interna, o
que implicaria automaticamente os Estados Unidos e o mundo ocidental. O
perigo de Trump na Casa Branca torna-se cada vez mais concreto: tudo o
que resta é esperar que a investigação federal conduza à falta de
eficiência.
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