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lunedì 23 maggio 2016
Oltre la riconquista di Falluja
L’offensiva dell’esercito irakeno per conquistare Falluja è ormai imminente. Dal punto di vista militare, pur con tutte le difficoltà del caso, le operazioni dovrebbero essere facilitate dalle condizioni delle truppe del califfato, ridotte nel loro numero complessivo presente nella città, a causa di pesanti defezioni; ciò dovrebbe comportare una preponderanza delle forze regolari irakene, affiancate dalla potenza aeronautica assicurata dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti. La conquista di Falluja, dal punto di vista tattico, rappresenterebbe un elemento importante, perchè in grado di scongiurare azioni dello Stato Islamico verso la capitale del paese, Bagdad. Falluja, infatti, è situata a soli 50 chilometri da Bagdad e la sua conquista rientrava, nei piani del califfato , proprio quale base per portare l’attacco radicale nel cuore dello stato irakeno. Nell’imminente battaglia per la riconquista della città occorre considerare alcuni aspetti, che se, dovrebbero essere decisivi per il risultato finale, devono essere valutati con profonda attenzione per mantenere un equilibrio, anche se fragile, per il perido immediatamente successivo alla riconquista. La composizione delle forze in campo, infatti, prevede un grande apporto di militari e milizie sciite in un teatro di guerra prevalentemente sunnita; questo elemento, sommato al fatto che l’esecutivo irakeno continua ad essere espressione degli sciiti, potrebbe generare una avversione analoga a quella che si è venuta a creare favorendo l’espansione del califfato, che verteva, all’interno del territorio irakeno proprio sulla contrapposizione tra sunniti e sciiti. Certamente occorre tenere conto che nel brevissimo periodo la maggiore urgenza è data dalla riconquista della città e conseguentemente infliggere una sconfitta anche di immagine al califfato, oltre a ridurne la sovranità territoriale per arrivare alla sconfitta definitiva; questi obiettivi sono coincidenti sia per Bagdad, che per Washington, ma senza una programmazione del dopo il successo militare, seppure annunciato, rischia di essere vanificato per la riproposizione dei dei soliti antagonismi. Probabilmente in questa fase la popolazione di Falluja patisce oltre ogni sopportazione la dominazione dello Stato islamico, sia per le condizioni legali imposte, basate sulla rigida applicazione della sharia, sia per le condizioni sempre più critiche dei rifornimenti alimentari e delle scarse condizioni mediche e quindi dovrebbe accogliere in maniera positiva la cacciata dello Stato islamico, il problema sarà mantenere questo favore anche quando la situazione si sarà normalizzata. Da questo punto di vista Falluja non potrà non diventare una sorta di laboratorio dove sviluppare un sistema di convivenza sostenibile tra sciiti e sunniti, sopratutto se il futuro del paese irakeno sarà quello di restare unito nel proprio territorio. La prima condizione, che gli USA hanno più volte raccomandato ed il governo centrale sta mettendo in atto è un sempre maggiore coinvolgimento della società sunnita a partire dalle loro strutture sociali di base, rappresentate dai clan tribali, che rappresentano il mezzo più efficace per la partenza di un nuovo rapporto tra le componenti sunnite e sciite, che, al momento, detengono il potere attraverso il governo. Gli Usa hanno individuato come priorità, in ottica di evitare nuove derive di radicalismo islamico sunnita, il mantenimento dell’unità del paese, ritenendo questa soluzione più efficace per il controllo dell’estremismo di matrice sunnita; fino ad ora, a causa dell’impegno prevalentemente militare, non si sono sviluppate collaborazioni tra le due parti, se non il coinvolgimento delle milizie tribali sunnite contro lo Stato islamico, ma, nel futuro, è impossibile non prevedere una modifica a livello di legge fondamentale che preveda una distribuzione più equa del potere. Occorre ricordare che, se i sunniti avevano questa prerogativa con lo stato guidato da Saddam Hussein, caduto il dittatore si è lasciato troppo potere agli sciiti, che hanno operato in loro favore ed hanno anche compiuto vendette contrarie alla pacificazione nazionale. Questo aspetto è stato troppo sottovalutato per analizzare la crescita dello Stato islamico, a cui hanno certamente contribuito anche altri fattori, ma che non sono certo superiori alla contrapposizione tra sciiti e sunniti, che non è stata affatto governata. Certo esiste anche l’opzione di dividere lo stato irakeno, ma in questo caso la contrarietà di Washington impedisce tale soluzione, anche se in un futuro dove si possa pensare estirpato il fondamentalismo di potrebbe aprire, almeno ad una sorta di federazione quale anticamera di tre stati differenti, contando anche i curdi, che già godono di un’ampia autonomia politica ed amministrativa.
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