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venerdì 29 settembre 2017
La possibile ritorsione di Ankara per la sospensione del negoziato per entrare in Europa
Alla vigilia del voto del parlamento europeo, previsto per il 4 ottobre, sullo stop ai negoziati per l’ingresso della Turchia in Europa, Ankara manda un avvertimento a Bruxelles. Il ministro degli esteri turco, infatti, ha avvertito l’Unione, chi in caso di rottura dei negoziati, anche gli accordi tra Europa e Turchia sulla gestione degli immigrati potranno avere delle variazioni. In questo momento la Turchia ospita oltre tre milioni di rifugiati, la cui gestione, se fossero giunti in Europa, avrebbe sollevato grossi problemi nei rapporti tra gli stati membri. Ankara, oltre ad affermare che la Turchia non è un campo profughi, è cosciente, che la fine dell’accordo sulla migrazione, porterebbe ad un innalzamento del rapporto conflittuale tra i membri dell’Unione, unito ad una crescita esponenziale dei partiti e dei movimenti populisti. Una delle ragioni dell’affermazione di queste tendenze politiche, infatti, è dovuta proprio all’incapacità di una gestione efficace della pressione migratoria a cui l’Europa è tuttora sottoposta. Il ministero degli esteri turco ha anche affermato, che della somma totale prevista dall’accordo, concordata in circa tre miliardi di euro, alla Turchia ne sono giunti soltanto 810 milioni ed ha ribadito che il ruolo di Ankara, nella gestione dei flussi migratori verso l’Europa, rimane essenziale. Questa ultima affermazione è difficilmente contestabile e denuncia l’impreparazione e l’improvvisazione di Bruxelles per fare fronte ad un fenomeno facilmente prevedibile come quello migratorio, in un momento storico contraddistinto da guerre in medio oriente e carestie in Africa. Lo sbaglio, di cui la Germania della cancelliera Merkel, resta una dei grandi responsabili fu quello di affidarsi ad Erdogan, che già aveva avviato la Turchia a diventare una sorta di dittatura, contraddistinta da una crescente importanza dell’elemento religioso. Nonostante le prese di posizione contro il governo di Ankara, l’Europa è stata portata a stipulare un accordo con forte potere di ricatto per la controparte turca. Nello stesso tempo che l’Europa discuteva al suo interno di come gestire le migrazioni, l’atteggiamento contro la Turchia, diventava sempre più duro, a causa dell’atteggiamento di Erdogan sempre meno rispettoso dei diritti civili. L’irrigidimento europeo contro il paese turco era dunque giustificato dai fatti, tuttavia Bruxelles manteneva in essere l’accordo con Ankara per gestire i migranti sul proprio territorio: una contraddizione che non poteva non emergere. L’esecutivo turco prova ora una tattica a metà tra il conciliante ed il ricattatorio, per fare desistere Bruxelles dal fermare i negoziati per l’ingresso della Turchia in Europa. Se, da un lato, si è sottolineato come il ruolo turco nella gestione dei migranti sia stato fondamentale per l’equilibrio europeo, dall’altro lato il ministro degli esteri ha dichiarato che se l’Europa non esce dai suoi confini potrebbe esaurire la sua spinta riformatrice; ciò potrebbe essere vero, però, se la Turchia rispondesse ai requisiti di democraticità richiesti per entrare in Europa, mentre con gli attuali standard presenti, sarebbe soltanto un fattore di ulteriore destabilizzazione. Lo scenario più probabile, quindi, è che il negoziato sarà quasi sicuramente interrotto e la ritorsione più probabile della Turchia sarà quella di disattendere l’accordo sul contenimento dei migranti. Se le nazioni dell’est europa continueranno a rifiutare l’accoglienza potrebbe verificarsi un grave caso umanitario di difficile gestione, mentre a livello politico, gli assetti europei potrebbero alterarsi in maniera non concorde. La prima conseguenza sarebbe proprio quella profetizzata dalla Turchia e cioè una crescita considerevole dei movimenti antieuropei. La sconfitta maggiore che si sta profilando riguarda proprio la Germania che non ha voluto esasperare il rapporto con i paesi dell’Europa orientale per non alienarsi occasioni economiche ad essa favorevoli, sia dal punto di vista della forza lavoro, che da quello dell’espansione commerciale. Ma la Turchia in questo momento appare proprio inaccettabile in Europa: oltre che per i già citati motivi, Ankara si è avvicinata a Mosca, stringendo forme di collaborazione economiche e militari, che ne hanno ulteriormente pregiudicato l’ingresso nell’Unione. Per entrambe le parti, quindi, si preannuncia un rapporto ancora più difficile, ma chi ha più da perdere, in un aggravamento delle relazioni, appare certamente l’Europa.
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