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martedì 21 novembre 2017
Assad incontra Putin per l'assetto futuro della Siria
La visita in Russia di Assad sembra volere celebrare l’intervento di Mosca nella guerra siriana. Il presidente siriano ha portato personalmente i propri ringraziamenti a Putin ed a tutto l’apparato militare russo, per l’appoggio che il Cremlino ha garantito a Damasco, permettendogli di rovesciare una situazione, che si era delineata come nettamente sfavorevole: senza l’intervento militare russo, infatti, il destino del regime e, probabilmente, dello stesso Assad appariva segnato. Il fatto nuovo è che Putin sembra volere assumere anche un ruolo politico, dopo quello militare: infatti il capo del Cremlino ha espressamente parlato di volersi occupare del processo politico che dovrà seguire alla fine delle ostilità. Anzi, con la consapevolezza che le operazioni militari starebbero per finire, la Russia intende essere protagonista degli assetti futuri del paese siriano. Per Putin la Siria rappresenta un alleato strategico, sia per il Mediterraneo, l’unica base russa in questo mare è proprio a Tartus, sia come avamposto nell’area mediorientale, ritornata centrale nello scenario mondiale. Non è da sottovalutare neppure l’importanza dell’aspetto di immagine per Mosca, giacché grazie proprio all’intervento in Siria, la Russia è ritornata a recitare il ruolo di grande potenza, che, dalla fine dell’Unione Sovietica, non esercitava più. Il discorso dei due leader politici si è focalizzato sulla lotta al terrorismo, sia come lotta locale all’interno del paese siriano, che in una visione più ampia a livello mondiale. Questa operazione di rendere uguali al terrorismo tutti coloro che si sono battuti contro l’esercito regolare siriano, operazione peraltro strumentale, serve ad Assad ad accomunare tutti i suoi oppositori in un generico terrorismo, senza distinguere, ad esempio, lo Stato islamico dalle forze di opposizione alla dittatura di Damasco o dai gruppi curdi. Del resto la tattica del governo siriano è sempre stata questa, anche nelle fasi più cruente della battaglia, anche per evidenziare il ruolo di Assad come argine e controllo di movimenti che potevano alterare gli equilibri regionali, come peraltro riconosciuto da altri stati come Israele. Questa posizione rende implicita la volontà di non riconoscere i gruppi dell’opposizione democratica, aprendo uno scenario di ulteriori contrasti all’interno della società siriana, che potrebbero essere risolti con i metodi violenti con i quali Assad, e prima suo padre, ha sempre eliminato i partiti ed i movimenti che chiedevano una maggiore democrazia nel paese. A sostegno di questa previsione devono essere anche citati i ringraziamenti del dittatore a Putin, per avere collaborato al fine di preservare l’integrità del territorio e l’indipendenza del paese da soggetti stranieri. Per quanto riguarda lo Stato islamico gli agenti stranieri erano i paesi del Golfo, mentre per gli oppositori democratici l’agente straniero in questione sono gli Stati Uniti. Tuttavia, un assetto del paese pacificato, non può non passare anche da Washington e sarà interessante vedere come si svilupperà lo scenario interno alla Siria. Dal punto di vista statunitense la permanenza di Assad, che prima era vista in modo totalmente negativo, ha assunto un valore differente per la lotta al califfato, ma un potere incontrollato del governo di Damasco non potrà essere accettato, sopratutto per la presenza iraniana di fianco al dittatore. Allo stesso modo le monarchie del Golfo ed anche l’Egitto,cioè i paesi sunniti, non potranno non ostacolare il governo siriano; differente, invece, la posizione turca, che valuta in modo positivo una Siria unita, sopratutto come argine alla volontà curda di formare una entità statale sui confini di Ankara. Saranno sostanzialmente questi gli aspetti che condizioneranno il futuro assetto politico siriano, anche se la posizione di Assad, grazie alla Russia, appare notevolmente rinforzata.
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