Politica Internazionale

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lunedì 11 aprile 2011

La Lega Araba chiederà la zona di non volo su Gaza

La Lega Araba chiederà al consiglio di sicurezza dell'ONU la creazione di una zona di non volo, analoga a quella istituita sulla Libia, per la striscia di Gaza, con l'intento di proteggere i civili palestinesi dalle ritorsioni dell'aviazione israeliana praticate contro i lanci di razzi effettuati da Hamas. La misura richiesta mira a bilanciare l'azione diplomatica della Lega Araba, che è stata oggetto di critiche da alcune parti dell'opinione pubblica araba, per l'appoggio alla zona di non volo libica che in realtà favorirebbe le potenze occidentali. Per accreditarsi le simpatie dei popoli arabi la Palestina è sempre un punto su cui contare, la richiesta all'ONU, permette alla Lega Araba di fare bella figura a costo zero, dato che difficilmente la richiesta verrà accolta. Se le intenzioni sono serie occorrerà vedere quali azioni la Lega Araba metterà in piedi in caso di rifiuto. Va detto che la richiesta non appare iniqua, se l'istituzione della zona di non volo è stata fatta in Libia, per proteggere la popolazione civile, non si vede perchè, attenendosi alla stretta logica del buon senso e non alla real politik delle nazioni unite, non debba valere anche per i civili della striscia di Gaza. Inoltre il momento per questa richiesta appare molto favorevole, giacchè Israele ed Hamas sembrano intenzionati a frimare un cessate il fuoco. Tuttavia un riconoscimento ufficiale in sede ONU della necessità di una zona di non volo su Gaza sarebbe un brutto colpo per la diplomazia israeliana, perchè sancirebbe l'effetiva sproporzione delle ritorsioni dell'aviazione di Tel Aviv, rispetto all'atto di offesa. Per questo motivo pare oggettivamente difficile che gli USA diano l'assenso alla richiesta della Lega Araba. Ma in caso di rifuto, potrebbe aprirsi un fronte diplomatico di difficiel gestione sia per gli USA che per Israele, che rischierebbe di compattare diverse nazioni che pensano iniquo il trattamento riservato ai palestinesi. In più c'è la questione libica, che non pare essere avviata ad una soluzione rapida, se la Lega Araba facesse mancare il proprio assenso alla zona di non volo sulla Libia, verrebbero meno le condizioni favorevoli per le potenze occidentali impegnate nel conflitto. Questa richiesta, quindi, rischia di aprire ferite di non poco conto nei rapporti internazionali, su cui è molto difficile fareprevisioni.

Perchè l'Italia è sempre più isolata in Europa

Il pasticcio dei permessi di soggiorno pone l'Italia in posizione ancora di maggiore svantaggio di fronte all'Europa. Anche il parere, totalmente negativo, della commissaria UE, che peraltro ha cambiato opinione, aggrava ulteriormente il rapporto con l'istituzione europea e con i membri più importanti. La provocazione di Berlusconi, che ha detto di dividersi dall'Europa costutisce niente di più che una boutade, ma segnala chiaramente gli umori che si respirano nel governo italiano. L'evidenza oggettiva è che il problema della grande ondata migratoria non è stato gestito bene, principalmente per la mancanza di un piano preventivo, che consentisse un intervento immediato ed efficace. Fin qui le mancanze italiane sull'organizzazione della gestione della crisi, ma se ciò è vero, risulta altrettanto vero che l'Europa ha praticamente abbandonato l'Italia al suo destino senza alcun aiuto concreto. Il fulcro del problema è dato dalla gran parte dei migranti, che usano la penisola, come sola porta d'ingresso in Europa per raggiungere altri paesi: Francia in testa, ma anche Germania e Benelux. Ora è chiaro che non si può chiedere all'Italia di gestire i problemi altrui, senza non solo, alcuna forma di collaborazione, ma addirittura trattarla in modo ostile. L'istituzione sovranazionale europea,dopo i primi timidi tentativi di seguire la crisi, ha virato sulle posizioni dei soci più forti, e coesi, della UE, con il risultato che l'Italia appare ormai isolata e sola di fronte al problema migratorio. Questo risultato appare la combinazione di due fattori: la scarsa influenza della politica estera italiana, per una scelta di campo frutto dell'azione governativa, che risulta maggiormente vicina alla Russia rispetto alla politica estera europea; questo ha spesso determinato visioni molto differenti dai paesi più importanti ed influenti della UE, Francia, Regno Unito e Germania, ed anche i tentativi in extremis per riallacciare rapporti più stretti con Berlino sono naufragati miseramente. La seconda ragione dell'isolamento italiano sulproblema migratorio è di ordine interno: le affermazioni elettorali ed il crescente maggior peso specifico nella compagine governativa del partito della Lega Nord, radicato nel settentrione italiano e di chiara impronta localistica, ha relegato il problema migratorio nel meridione italiano con il risultato che la divisione sul problema non è solo tra Italia ed Europa ma anche tra Italia del Nord e del Sud. Ciò ha giocato a favore della coalizzazione contro un paese che risulta disunito al suo interno e non riesce a presentarsi come blocco compatto e titolare di una politica estera di peso mondiale. Anche i tentativi di fermare le carrette del mare alla fonte, con la missione in Tunisia non ha dato i frutti sperati, ma non si capisce come la missione sia stata fatta senza la presenza del ministro degli esteri. Forse l'Italia ha bisogno di una personalità più forte e preparata in quella carica, che sappia riorganizzare la funzione ministeriale per l'importanza che compete ad un paese come l'Italia.

venerdì 8 aprile 2011

La UE prova e regolare la questione delle migrazioni

Finalmente l'Europa si accorge di dover esercitare la sua potestà e chiama i rappresentanti dei ventisette per cercare un accordo per ripartire il gran numero di rifugiati, dovuti alla guerra libica ed alla rivolte nei paesi arabi.
La situazione, fino ad ora, è stata contraddistinta da continue schermaglie tra Italia e Francia, sopratutto sul piano diplomatico e materialmente lungo la frontiera tra Ventimiglia e Mentone. L'Italia si trova nel paradosso di avere la legge anti immigrazione più dura del continente e ed essere nel contempo vittima di una ondata migratoria notevole, proprio perchè non in grado di applicarla. Il governo italiano, che non riesce a trovare un accordo con le regioni per la distribuzione sul proprio territorio dei migranti, ha elaborato un'escamotage tecnico per aggirare la sostanziale chiusura del trattato di Schengen da parte della Francia: vengono infatti rilasciati dei regolari permessi temporanei, che di fatto, permettono ai possessori di passare in modo legale le frontiere. La protesta della Francia, ma anche di Germania e Belgio, ha determinato l'intervento della UE, che dovrebbe emettere una direttiva per sancire la divisione dei profughi tra tutti i paesi componenti l'unione.

Prime concessioni del governo siriano

n Siria il regime, messo all'angolo dalle manifestazioni, inizia a condedere diritti alla minoranza curda, ai conservatori sunniti ed alle famiglie delle vittime della repressione.
Particolarmente significativa la concessione della nazionalità ai curdi, che dal 1962 ne erano privati, essendo, di fatto stranieri in patria. Si tratta di circa 320.000 persone, ritenuti potenzialmente pericolosi per il regime. Con questa misura si cerca di mantenere calma una zona al confine siriano, che potrebbe sollevarsi su istigazione della popolazione curda oltreconfine.
Inoltre sono stati liberati anche 48 curdi, precedentemente incarcerati per le manifestazioni dei giorni scorsi.
Una ulteriore misura è stata quella di riassorbire 1.200 dipendenti statali al loro posto di lavoro, dopo che lo scorso anno furono espulsi dall'amministrazione statale.
L'impressione è che queste misure costituiscano un tentativo di pacificare la situazione, ma non risolvano il problema di fondo che è costituito dalla richiesta di democrazia e maggiori diritti. Quello che si attende è una nuova ondata di proteste per ottenere che vengano riconosciuti maggiormente i diritti fondamentali, affossati dalla legislazione del 1962.

La tattica israeliana per il riconoscimento della Palestina

Israele ottiene dalla Germania che non ci sarà nessun riconoscimento ufficiale, da parte dello stato tedesco, di uno stato palestinese autoproclamato. Netanyahu teme molto che una eventuale proclamazione unilaterale da parte dell'ANP provochi una serie di riconoscimenti statali, che obblighino Israele nell'angolo; per Tel Aviv vorrebbe dire essere scavalcato nel ruolo di protagonista assoluto ed unico gestore della situazione. L'appoggio tedesco garantisce ad Israele un partner di primaria importanza e permette di risolvere un antico contrasto con la Germania. La Merkel ha espressamente dichiarato che il presupposto per il riconoscimento dello stato palestinese deve essere una soluzione condivisa tra ANP ed Israele. Incassato questo successo Israele non ha in realtà, battuto la pista giusta. L'accordo con la Germania assicura una visibilità notevole, tuttavia non è un paese arabo e l'influenza tedesca sulla regione è pressochè nulla. Netanyahu insiste nella sua strategia che non pone al centro delle trattative i paesi confinanti con l'area israelo-palestinese, continuare ad evitare interlocutori arabi o comunque favorevoli alla costruzione di uno stato palestinese non fa partire alcuna trattativa costruttiva sull'annoso problema. Tel Aviv gioca una partita soltanto dove è facile ottenere risultati, ciò fa parte del più complesso programma che intende rimandare sine die la questione palestinese in attesa di eventi più favorevoli. Il punto debole è che questa strategia è stata elaborata prima delle rivolte arabe, quando Israele poteva contare su punti fermi di sicuro affidamento. Il ribaltamento della situazione in Egitto, la rivolta in Siria ed in Giordania, dovrebbero avere cambiato i piani di Israele, che, invece procede imperterrito sulla condotta intrapresa. La mancanza di flessibilità nella diplomazia israeliana potrebbe creare un grave fattore, dannoso per la stabilità regionale e per lo stesso destino della nazione della stella di Davide.

giovedì 7 aprile 2011

La guerra segreta di Israele con l'Iran

Nei giorni scorsi una vettura con due cittadini sudanesi ed in territorio sudanese è stata colpita da un attacco aereo ad opera di un velivolo non identificato. La diplomazia sudanese ha affermato di essere certa che l'aereo era israeliano. Dal canto suo Israele nega ogni addebito
ma diversi elementi confermerebbero questa pista. Il traffico d'armi dall'Iran ad Hamas attraversa il terrritorio sudanese, dopo essere partito dal porto di Bandar Habbas; già nel 2009 un convoglio era stato attaccato dal cielo al confine tra Sudan ed Egitto, con 119 vittime.
La finalità di questi raid è di bloccare il traffico d'armi sofisticate con cui l'Iran rifornisce Hamas; la capacità militare e tecnologica israeliana può arrivare facilmente a colpire obiettivi fuori dal suo territorio grazie alla disponibilità di droni, aerei senza pilota, che vengono guidati dalle basi dell'esercito della stella di David.
La guerra sotterranea con l'Iran, raprresenta uno dei fronti, "caldi", di Tel Aviv, che monitora continuamente le vie battute dai fornitori d'armi; tuttavia la priorità è sabotare il programma nucleare di Teheran con attacchi informatici che bloccano i programmi iraniani e con attentati le cui vittime sono esperti nucleari che collaborano con la repubblica teocratica.

La grana laicità per Sarkozy

All'interno del partito del presidente Sarkozy infuria il dibattito sul laicismo. La politica intrapresa dall'UMP per ricercare una propria via alla laicità dello stato è andata a cozzare contro l'emorragia di voti nella recente tornata amministrativa, a favore dell'estrema destra di Marine Le Pen. In realtà la debacle è stata causata dal grande tasso di astensionismo giunto alla scarsa efficacia del programma di governo sul fronte interno, nei temi economici e sociali. Tuttavia la paura di perdere ulteriori consensi, ha scatenato il dibattito all'interno del partito; quello affrontato è uno scenario con una lama a doppio taglio, perchè, se da un lato, le istanze della società civile francese, anche in ambito conservatore, vanno nella direzione di una domanda di maggiore divisione tra stato e religione, quindi una progressiva laicizzazione, dall'altro lato nelle regioni più interne e maggiormente tradizionaliste, un processo che favorisca un atteggiamento più laico dello stato, appare come una abdicazione di fronte all'avanzata della religione musulmana, che ormai conta cinque milioni di fedeli nel territorio francese. D'altro canto anche l'elettorato musulmano rappresenta una grossa fetta di votanti a cui il processo di laicizzazione potrebbe non essere gradito, proprio per le norme concrete che si intendono proporre (valga per tutti l'esempio di vietare le manifestazioni di culto al di fuori delle aree religiose). L'UMP, appare quindi, in un vero e proprio "cul de sac", in vista delle elezioni presidenziali francesi del prossimo anno. Sarkozy, con questo tema, pensava di sfondare nell'area di centro sinistra, proponendo una immagine nuova del suo partito; l'avanzata di Marine Le Pen lo costringerà a rivedere i propri piani.