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venerdì 12 aprile 2019

الانتخابات في الهند

تحتوي الانتخابات الهندية على بيانات رقمية هائلة: يبلغ إجمالي عدد الناخبين في الولايات الـ 29 التي تشكل البلاد 900 مليون (منها 84 مليون سيذهب للتصويت لأول مرة) ، مما يعني أكبر ديمقراطية في العالم ، من التي يبلغ عدد سكانها 300 مليون من الأميين ، في حين أن اللغات الأخرى تعادل 22 لغة مختلفة بالإضافة إلى مجموعة متنوعة من اللهجات التي يجب أن تكون عدة آلاف وأحد عشر مليون متطوع ، والذين يجب عليهم ضمان سير العمليات الانتخابية إلى جانب نشر القوة العامة ، واتساع المنطقة ، والتي وهو يغطي البيئات والمناخات الطبيعية المختلفة للغاية ، ووجود قانون يجب أن يضمن للجميع أن الحد الأدنى للمسافة من مركز الاقتراع هو في حدود كيلومترين ، وأخيراً ، التكلفة الإجمالية المقدرة بنحو ستة مليارات يورو. المراحل التي يتم تنظيم الانتخابات فيها هي أيضًا عملية معقدة ، تتكون من سبع خطوات ، ستنتهي بالتدقيق النهائي في 23 مايو. يأتي البلد الهندي من خمس سنوات يحكمها الحزب الوطني ، والتي تتميز بسلسلة من الأهداف الضائعة ، مقارنة بالوعود الانتخابية. من المؤكد أن الوضع الاقتصادي السلبي ، الذي أدى ، على سبيل المثال ، إلى انخفاض أسعار المواد الخام والأزمة الزراعية المترتبة عليها ، قد أثر على نتائج البرنامج الحكومي ، والذي يعزى أيضًا إلى فقدان ما يصل إلى أحد عشر مليون وظيفة في البلد كما أن المحافظين ، الأغلبية المنتهية ولايتهم ، يشككون في التدخل المفرط في المؤسسات العامة ، مثل المحكمة العليا والبنك الفيدرالي ، وهو مؤشر على خفض المستوى الديمقراطي. على مستوى الحقوق ، تمثل حقيقة الزيادة الكبيرة في الهجمات على المسلمين انتكاسة ، فضلاً عن عدم الاهتمام بالأقليات ؛ تميز عمل الحكومة المنتهية ولايتها بتسامح أقل ، وهو عامل مخالف علنا ​​لتقاليد البلاد. ومع ذلك ، يمكن للحكومة أن تفتخر بنمو اقتصادي يبلغ حوالي 7.5 ٪ ، وهو برنامج لصالح الأسر الفقيرة من حيث الإصلاحات الصحية والتشريعية المتعلقة بالضرائب. أحدث الاستطلاعات تمنح الغالبية المنتهية ولايتها في صعوبة ، لكن موثوقية هذه الاستطلاعات لا تضمن هوامش موثوقية كافية بسبب التفتت الكبير للنسيج الاجتماعي للبلد ، حتى لو فاز حزب المعارضة في الانتخابات الإقليمية التي أجريت عام 2018 في ثلاث ولايات تعتبر حاسمة. لقد أنهى حزب المحافظين العمل الإنساني بإشارة قومية لا لبس فيها ، وأطلق خطة مكانية بتكاليف محتوية ، ولكن مع معاني كبيرة. وللمساعدة في زيادة استطلاعات الرأي ، كانت هناك مواجهة مع باكستان ، مما جعل اهتمام الناخبين بخطة الإدارة الدولية ربما أسهل من الخطة المحلية ، وعلى أي حال ، يمكن أن يأخذ انتباه هذا الجزء الناخبين بخيبة أمل من النتائج الاقتصادية ، ولكن حساسة للقومية والأهمية الدولية للبلد الهندي.

martedì 9 aprile 2019

Israele al voto

Due questioni fondamentali caratterizzano lel elzioni israeliane. La prima è che si tratta di un referendum su Benjamin Netanyahu, sulla sua politica interna basata sull’espansionismo nei territori palestinesi ed anche sulla sua politica estera fatte di allenaze variabili, che, in questa ultima fase del suo mandato, ha registrato la novità dell’avvicinamento alle monarchie saudite grazie all’avversione al comune nemico iraniano. Certamente la questione del contenimento delle pretese palestinesi, come sono considerati a Tel Aviv quelli che dovrebbero essere legittimi diritti, resta centrale nella politica di Israele e lo è ancora di più se è vista dall’estero. Ma gli israeliani, per lo meno alcuni, sono anche sensibili ai temi della corruzione, lo stesso Netanyahu è stato inquisito, e delle problematiche economiche, che sono state trascurate dagli ultimi governi. Per questo motivo  intorno ad un generale dell’esercito, lo sfidante del premier in carica, si sono unite diverse forze che cercano un cambiamento per potere vivere in una nazione più affine agli standard occidentali. Netanyahu è stato costretto a ricercare l’alleanza delle formazioni di estrema destra ed a impostare una campagna elettorale destra contro sinistra, dove la prima è la sua compagine elettorale, che viene presentata come l’unica in grado di potere assicurare la protezione della nazione. A ben vedere questa impostazione è coerente a quanto è stato il modo di governare fino ad ora del premier: disprezzo per i palestinesi, supremazia della religione ebraica fino a farla diventare discriminate sulla nazionalità e quindi discredito anche per gli arabi con nazionalità israeliana; una maniera così radicale di esercitare il potere che non può essere gradito completamente anche all’interno della sua area politica. Questo possibile dissenso porta direttamente alla seconda grande questione: una eventuale rielezione di Netanyahu significherebbe la fine di ogni processo di pace con i palestinesi. Se la promessa di annettere una parte della Cisgiordania e della militarizzazione di Gaza sono la logica conseguenza della sovranità sul Golan, concessa da un irresponsabile Trump, sul piano pratico significano la fine definitiva sulla possibilità di risolvere in manierapacifica la questione palestinese. Nonostante il supporto di governanti senza alcuna cognizione di causa sulle possibili conseguenze di questa tendenza, come lo stesso Trump, Bolsonaro ed anche Putin e nel silenzio assoluto degli stati arabi, una parte del paese si rende conto del pericolo di un simile  programma. Il fatto che l’avversario politico di Netanyahu sia un generale, però, smentisce la validità delle argomentazioni sulla sicurezza, che il premier ha opposto alle forze poltiche che si oppongono al suo programma. La provenienza militare del suo competitore garantisce che l’attenzione alla sicurezza del paese è garantita, seppure attraverso altre forme meno  estreme. Se è legittimo pensare che un accordo con i palestinesi sia la migliore garanzia per la sicurezza di Israele, l’eventuale sconfitta di Netanyahu rappresenta il migliore programma politico possibile, anche se non è mai stato enunciato dalle forze che si oppongono al premier, ma il solo fatto di non averlo seguito su questo terreno, può significare una possibilità. In realtà le due formazioni non hanno una grande distanza politica: entrambe si possono collocare al centro, anche se la coalizione del premier è più a destra, ma l’arretramento della sinistra, incapace di intercettare i cambiamenti della società israeliana, ha ridotto queste elezioni ad una scelta limitata e ciò potrebbe favorire un astensionismo di elettori per la mancanza di riconoscimento politico in quelliche sono destinati a diventare i partiti maggiori. L’incertezza, quindi, è sovrana e chi otterrà la vittoria, vincerà per piccole differenze, lasciando aperto il rischio dell’ingovernabilità del paese.

Israel to vote

Two fundamental questions characterize Israeli elections. The first is that it is a referendum on Benjamin Netanyahu, on his internal politics based on expansionism in the Palestinian territories and also on his foreign policy made up of variable training, which, in this last phase of his mandate, recorded the novelty of the approach to the Saudi monarchies thanks to the aversion to the common Iranian enemy. Certainly the question of containing Palestinian claims, as they are considered in Tel Aviv what should be legitimate rights, remains central in Israel's policy and is even more so if it is viewed from abroad. But the Israelis, at least some, are also sensitive to the issues of corruption, Netanyahu himself has been under investigation, and economic issues, which have been overlooked by the last governments. For this reason, around an army general, the challenger of the current prime minister, various forces have joined forces seeking change to be able to live in a nation more akin to western standards. Netanyahu was forced to seek the alliance of far-right formations and set up a right-to-left election campaign, where the first is his electoral structure, which is presented as the only one capable of ensuring the protection of the nation. On closer inspection this approach is consistent with what has been the way of governing the premier so far: contempt for the Palestinians, supremacy of the Jewish religion to the point of becoming discriminated against on nationality and therefore discredit even for Arabs with Israeli nationality; such a radical way to exercise power that cannot be completely appreciated even within its political area. This possible disagreement leads directly to the second major issue: a possible re-election of Netanyahu would mean the end of any peace process with the Palestinians. If the promise to annex a part of the West Bank and the militarization of Gaza are the logical consequence of sovereignty over the Golan, granted by an irresponsible Trump, on a practical level they mean the definitive end to the possibility of resolving the Palestinian issue in a peaceful manner. Despite the support of rulers without any knowledge of the facts on the possible consequences of this trend, like Trump himself, Bolsonaro and even Putin and in the absolute silence of the Arab states, a part of the country is aware of the danger of such a program. The fact that Netanyahu's political adversary is a general, however, denies the validity of the security arguments, which the premier opposed to the political forces that oppose his program. The military provenance of its competitor guarantees that attention to the safety of the country is guaranteed, albeit through other less extreme forms. If it is legitimate to think that an agreement with the Palestinians is the best guarantee for Israel's security, the eventual defeat of Netanyahu represents the best possible political program, even if it has never been enunciated by the forces that oppose the premier, but the just by not following him on this terrain, it can mean a possibility. In reality the two formations do not have a great political distance: both can be placed at the center, even if the premier's coalition is more to the right, but the retreat of the left, unable to intercept the changes of Israeli society, has reduced these elections to a limited choice and this could favor an abstention of voters due to the lack of political recognition in those who are destined to become the major parties. Uncertainty, therefore, is sovereign and whoever wins will win by small differences, leaving the risk of the country's ungovernability open.

Israel a votar

Dos preguntas fundamentales caracterizan las elecciones israelíes. La primera es que se trata de un referéndum sobre Benjamin Netanyahu, sobre su política interna basada en el expansionismo en los territorios palestinos y también sobre su política exterior formada por entrenamiento variable, que en esta última fase de su mandato registró la novedad de Aproximación a las monarquías saudíes gracias a la aversión al enemigo común iraní. Ciertamente, la cuestión de contener los reclamos palestinos, ya que se consideran en Tel Aviv lo que deberían ser derechos legítimos, sigue siendo central en la política de Israel y aún más si se la ve desde el extranjero. Pero los israelíes, al menos algunos, también son sensibles a los problemas de corrupción, el propio Netanyahu ha estado bajo investigación y los problemas económicos, que los gobiernos pasaron por alto. Por esta razón, alrededor de un general del ejército, el retador del primer ministro actual, varias fuerzas se han unido para buscar un cambio y poder vivir en una nación más parecida a los estándares occidentales. Netanyahu se vio obligado a buscar la alianza de formaciones de extrema derecha y organizar una campaña electoral de derecha a izquierda, donde la primera es su estructura electoral, que se presenta como la única capaz de garantizar la protección de la nación. En una inspección más cercana, este enfoque es consistente con lo que ha sido la forma de gobernar al primer ministro hasta ahora: el desprecio por los palestinos, la supremacía de la religión judía hasta el punto de ser discriminados en la nacionalidad y, por lo tanto, desacreditar incluso a los árabes con la nacionalidad israelí; una forma tan radical de ejercer el poder que no se puede apreciar completamente incluso dentro de su área política. Este posible desacuerdo lleva directamente a la segunda cuestión importante: una posible reelección de Netanyahu significaría el fin de cualquier proceso de paz con los palestinos. Si la promesa de anexar una parte de Cisjordania y la militarización de Gaza son la consecuencia lógica de la soberanía sobre el Golán, otorgada por un irresponsable Trump, en un nivel práctico significan el fin definitivo de la posibilidad de resolver el problema palestino de manera pacífica. A pesar del apoyo de los gobernantes sin ningún conocimiento de los hechos sobre las posibles consecuencias de esta tendencia, como el propio Trump, Bolsonaro e incluso Putin y en el silencio absoluto de los estados árabes, una parte del país es consciente del peligro de tal programa. El hecho de que el adversario político de Netanyahu sea un general, sin embargo, niega la validez de los argumentos de seguridad, que el primer ministro se opuso a las fuerzas políticas que se oponen a su programa. La procedencia militar de su competidor garantiza que la atención a la seguridad del país está garantizada, aunque a través de otras formas menos extremas. Si es legítimo pensar que un acuerdo con los palestinos es la mejor garantía para la seguridad de Israel, la eventual derrota de Netanyahu representa el mejor programa político posible, incluso si nunca ha sido enunciado por las fuerzas que se oponen al primer ministro, pero solo por no seguirlo en este terreno, puede significar una posibilidad. En realidad, las dos formaciones no tienen una gran distancia política: ambas pueden situarse en el centro, incluso si la coalición del primer ministro está más a la derecha, pero la retirada de la izquierda, incapaz de interceptar los cambios de la sociedad israelí, ha reducido estas elecciones a una elección limitada y esto podría favorecer una abstención de votantes debido a la falta de reconocimiento político en aquellos que están destinados a convertirse en los principales partidos. Por lo tanto, la incertidumbre es soberana y quien gane ganará por pequeñas diferencias, dejando abierto el riesgo de ingobernabilidad del país.

Israel zu wählen

Zwei grundlegende Fragen kennzeichnen die Wahlen in Israel. Zum einen handelt es sich um ein Referendum über Benjamin Netanyahu, über seine Innenpolitik, die auf dem Expansionismus in den palästinensischen Gebieten basiert, und auch auf seine Außenpolitik, die aus variabler Ausbildung besteht, die in dieser letzten Phase seines Mandats die Neuheit des Palästinensischen Autonomiebewusstseins festhielt Annäherung an die saudi-arabischen Monarchien dank der Abneigung gegen den gemeinsamen iranischen Feind. Sicherlich bleibt die Frage der Eindämmung palästinensischer Behauptungen, wie sie in Tel Aviv als legitime Rechte gelten, von zentraler Bedeutung in der israelischen Politik, und dies umso mehr, wenn sie aus dem Ausland betrachtet wird. Aber die Israelis, zumindest einige, sind auch sensibel für die Probleme der Korruption, Netanyahu selbst wurde untersucht, und wirtschaftliche Probleme wurden von den letzten Regierungen übersehen. Aus diesem Grund haben sich rund um einen Armeegeneral, den Herausforderer des derzeitigen Premierministers, verschiedene Kräfte zusammengeschlossen, die nach Veränderungen suchen, um in einer Nation leben zu können, die eher westlichen Standards entspricht. Netanyahu musste das Bündnis rechtsextremer Formationen anstreben und einen Wahlkampf von rechts nach links beginnen, wobei der erste seine Wahlstruktur ist, die als die einzige dargestellt wird, die den Schutz der Nation gewährleisten kann. Bei näherer Betrachtung stimmt dieser Ansatz mit der bisherigen Regierungsführung des Premierministers überein: Verachtung der Palästinenser, Überlegenheit der jüdischen Religion bis zu einer Diskriminierung der Staatsangehörigkeit und damit Diskriminierung auch für Araber mit israelischer Staatsangehörigkeit; eine solch radikale Art der Ausübung von Macht, die selbst in ihrem politischen Bereich nicht vollständig gewürdigt werden kann. Diese mögliche Meinungsverschiedenheit führt direkt zum zweiten großen Problem: Eine mögliche Wiederwahl von Netanyahu würde das Ende eines Friedensprozesses mit den Palästinensern bedeuten. Wenn das Versprechen, einen Teil des Westjordanlands zu annektieren, und die Militarisierung des Gazastreifens die logische Konsequenz der von einem unverantwortlichen Trump gewährten Souveränität über den Golan sind, bedeutet dies auf praktischer Ebene das endgültige Ende der Möglichkeit, die palästinensische Frage auf friedliche Weise zu lösen. Trotz der Unterstützung von Machthabern ohne Kenntnis der Fakten über die möglichen Konsequenzen dieses Trends wie Trump selbst, Bolsonaro und sogar Putin und im absoluten Schweigen der arabischen Staaten ist sich ein Teil des Landes der Gefahr eines solchen Programms bewusst. Die Tatsache, dass der politische Gegner von Netanyahu ein General ist, bestreitet jedoch die Gültigkeit der Sicherheitsargumente, die der Premier den politischen Kräften entgegenstellt, die sein Programm ablehnen. Die militärische Herkunft seines Konkurrenten garantiert, dass die Aufmerksamkeit für die Sicherheit des Landes gewährleistet wird, wenn auch durch andere, weniger extreme Formen. Wenn es legitim ist zu glauben, dass ein Abkommen mit den Palästinensern die beste Garantie für Israels Sicherheit darstellt, stellt die eventuelle Niederlage von Netanyahu das bestmögliche politische Programm dar, selbst wenn es nie von den Kräften, die sich gegen den Premierminister stellen, ausgesprochen wurde Wenn Sie ihm auf diesem Gelände nicht folgen, kann dies eine Möglichkeit bedeuten. In Wirklichkeit haben die beiden Formationen keine große politische Distanz: Beide können in den Mittelpunkt gestellt werden, auch wenn die Koalition des Premierministers mehr rechts ist, aber der Rückzug der Linken, der die Veränderungen der israelischen Gesellschaft nicht abfangen kann, hat diese Wahlen reduziert zu einer begrenzten Wahl, und dies könnte eine Stimmenthaltung der Wähler aufgrund der mangelnden politischen Anerkennung derjenigen fördern, die dazu bestimmt sind, die großen Parteien zu werden. Die Ungewissheit ist daher souverän, und wer gewinnt, gewinnt durch kleine Unterschiede und lässt die Gefahr der Unregierbarkeit des Landes offen.

Israël à voter

Deux questions fondamentales caractérisent les élections israéliennes. La première est qu’il s’agit d’un référendum sur Benjamin Netanyahu, sur sa politique interne fondée sur l’expansionnisme dans les territoires palestiniens et sur sa politique étrangère composée de formations variables qui, lors de cette dernière phase de son mandat, ont enregistré la nouveauté du approche des monarchies saoudiennes grâce à l'aversion pour l'ennemi iranien commun. Certes, la question de contenir les revendications palestiniennes, telles qu’elles sont examinées à Tel-Aviv, devrait constituer un droit légitime, reste au centre de la politique d’Israël, et plus encore si elle est vue de l’étranger. Mais les Israéliens, du moins certains d'entre eux, sont également sensibles aux problèmes de corruption, Netanyahu lui-même fait l'objet d'une enquête et de problèmes économiques, négligés par les derniers gouvernements. Pour cette raison, autour d’un général de l’armée, le challenger de l’actuel Premier ministre, diverses forces se sont unies pour rechercher le changement et pouvoir vivre dans un pays plus proche des standards occidentaux. Netanyahu a été contraint de chercher l'alliance de formations d'extrême droite et de mettre en place une campagne électorale de droite à gauche, dont la première est sa structure électorale, présentée comme la seule capable d'assurer la protection de la nation. À y regarder de plus près, cette approche cadre avec ce qui a été jusqu'ici la manière de gouverner le Premier ministre: le mépris des Palestiniens, la suprématie de la religion juive au point d’être discriminée sur le plan de la nationalité et donc discréditée, même pour les Arabes de nationalité israélienne; Un moyen aussi radical d’exercer un pouvoir qui ne peut être complètement apprécié, même dans son domaine politique. Ce possible désaccord mène directement au deuxième problème majeur: une éventuelle réélection de Netanyahu signifierait la fin de tout processus de paix avec les Palestiniens. Si la promesse d'annexion d'une partie de la Cisjordanie et la militarisation de Gaza sont la conséquence logique de la souveraineté sur le Golan, accordée par un irresponsable Trump, elles signifient concrètement la fin définitive de la possibilité de résoudre la question palestinienne de manière pacifique. Malgré le soutien de dirigeants ignorant les faits sur les conséquences possibles de cette tendance, comme Trump lui-même, Bolsonaro et même Poutine et dans le silence absolu des États arabes, une partie du pays est consciente du danger d'un tel programme. Le fait que l'adversaire politique de Netanyahu soit un général, cependant, nie la validité des arguments de sécurité, que le premier ministre a opposés aux forces politiques qui s'opposent à son programme. La provenance militaire de son concurrent garantit que l’attention portée à la sécurité du pays est garantie, bien que sous d’autres formes moins extrêmes. S'il est légitime de penser qu'un accord avec les Palestiniens est la meilleure garantie pour la sécurité d'Israël, la défaite éventuelle de Netanyahu représente le meilleur programme politique possible, même s'il n'a jamais été énoncé par les forces qui s'opposent au premier ministre, mais juste en ne le suivant pas sur ce terrain, cela peut signifier une possibilité. En réalité, les deux formations n'ont pas une grande distance politique: elles peuvent toutes deux être placées au centre, même si la coalition du Premier ministre est plus à droite, mais le recul de la gauche, incapable d'intercepter les changements de la société israélienne, a réduit ces élections. choix limité, ce qui pourrait favoriser une abstention des électeurs en raison du manque de reconnaissance politique de ceux qui sont destinés à devenir les principaux partis. L'incertitude est donc souveraine et les gagnants l'emporteront par de petites différences, laissant ainsi le risque d'ingouvernabilité du pays ouvert.

Israel para votar

Duas questões fundamentais caracterizam as eleições israelenses. O primeiro é que é um referendo sobre Benjamin Netanyahu, sobre sua política interna baseada no expansionismo nos territórios palestinos e também sobre sua política externa composta de treinamento variável, que, nesta última fase de seu mandato, registrou a novidade do movimento. aproximação às monarquias sauditas graças à aversão ao inimigo iraniano comum. Certamente, a questão de conter as reivindicações palestinas, como são consideradas em Tel Aviv quais deveriam ser os direitos legítimos, permanece central na política de Israel e ainda mais se for vista do exterior. Mas os israelenses, pelo menos alguns, também são sensíveis às questões de corrupção, o próprio Netanyahu tem estado sob investigação e questões econômicas, que foram negligenciadas pelos últimos governos. Por esta razão, em torno de um general do exército, o desafiante do atual primeiro-ministro, várias forças uniram forças em busca de mudança para poder viver em uma nação mais próxima dos padrões ocidentais. Netanyahu foi forçado a buscar a aliança de formações de extrema direita e montou uma campanha eleitoral da direita para a esquerda, onde a primeira é sua estrutura eleitoral, que é apresentada como a única capaz de garantir a proteção da nação. Em uma inspeção mais próxima, essa abordagem é consistente com o que tem sido o modo de governar o premier até agora: desprezo pelos palestinos, supremacia da religião judaica a ponto de se tornar discriminada em relação à nacionalidade e, portanto, desacreditar até para os árabes com nacionalidade israelense; uma maneira tão radical de exercer poder que não pode ser completamente apreciado mesmo dentro de sua área política. Esse possível desacordo leva diretamente à segunda grande questão: uma possível reeleição de Netanyahu significaria o fim de qualquer processo de paz com os palestinos. Se a promessa de anexar uma parte da Cisjordânia e a militarização de Gaza são a conseqüência lógica da soberania sobre o Golã, concedida por um irresponsável Trump, em um nível prático, significam o fim definitivo da possibilidade de resolver a questão palestina de maneira pacífica. Apesar do apoio de governantes sem qualquer conhecimento dos fatos sobre as possíveis conseqüências dessa tendência, como o próprio Trump, Bolsonaro e até mesmo Putin e no silêncio absoluto dos estados árabes, uma parte do país está ciente do perigo de tal programa. O fato de que o adversário político de Netanyahu é um general, no entanto, nega a validade dos argumentos de segurança, que o primeiro-ministro se opôs às forças políticas que se opõem ao seu programa. A proveniência militar do seu concorrente garante que a atenção à segurança do país é garantida, embora através de outras formas menos extremas. Se é legítimo pensar que um acordo com os palestinos é a melhor garantia para a segurança de Israel, a eventual derrota de Netanyahu representa o melhor programa político possível, mesmo que nunca tenha sido enunciado pelas forças que se opõem ao primeiro-ministro, mas sim apenas por não segui-lo neste terreno, isso pode significar uma possibilidade. Na realidade, as duas formações não têm uma grande distância política: ambas podem ser colocadas no centro, mesmo que a coalizão do premiê esteja mais à direita, mas a retirada da esquerda, incapaz de interceptar as mudanças da sociedade israelense, reduziu essas eleições. para uma escolha limitada e isso poderia favorecer uma abstenção de eleitores devido à falta de reconhecimento político naqueles que estão destinados a se tornarem os principais partidos. A incerteza, portanto, é soberana e quem ganha ganha por pequenas diferenças, deixando em aberto o risco da ingovernabilidade do país.