Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
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venerdì 19 luglio 2019
نوايا الرئيس الجديد للمفوضية الأوروبية
لقد أوضحت رئيسة المفوضية الأوروبية الجديدة فكرتها عن الاتحاد وطبيعة العلاقات التي يجب أن تكون لدى مؤسسات بروكسل حول القضايا الرئيسية التي أثرت على الحياة الأوروبية والتي ستكون أساسية في المستقبل القريب. فيما يتعلق بالسياسة الخارجية ، هناك مسألتان رئيسيتان: خروج المملكة المتحدة والعلاقات مع روسيا ؛ بينما فيما يتعلق بالموضوع الأول ، لا تبدو بروكسل ، حتى مع القيادة الجديدة ، راغبة في التراجع عن التنازلات المقدمة للإنجليز ، فيما يتعلق بمشكلة العلاقات مع روسيا ، يبدأ الموقف من توفر عام ، حيث يُعترف بأن موسكو هي دولة مجاورة ، التي يستحيل معها عدم إقامة علاقات ، ولكن في الوقت نفسه ، من الأساسي بالنسبة لأوروبا أن تقدم نفسها بأكثر الطرق تماسكًا ممكنًا ، وهذا بالضبط هو عكس ما تريده روسيا. بالنسبة إلى موسكو ، وكذلك بالنسبة لواشنطن ، فإن أوروبا المنقسمة هي الأفضل ، والتي تسمح بالتعامل مع الدول الفردية ، أي الموضوعات الأضعف من الاتحاد الذي يقدم نفسه كموضوع واحد. كانت سياسة الكرملين هي تقسيم الاتحاد أيضاً بوسائل غير قانونية ، والتي يمكن أن تمثل الاستجابة الأكثر فعالية بالحريات الأوروبية التي تُفهم على أنها حرية الصحافة كوسيلة للتنديد علنًا بالأفعال الخاطئة التي تقوم بها الدول الأخرى. ومع ذلك ، يبدو هذا التفسير نقطة انطلاق فقط ، يمكن بعدها إنشاء هياكل ملموسة ، مثل الدفاع الأوروبي المشترك ، القادر على توفير ردود فعل أسرع حتى على الهجمات غير التقليدية. يبدو أن روسيا ممثلة كخطر حقيقي ، على وجه التحديد لأن أهدافها تتناقض مع الأهداف الأوروبية. إن الحذر الذي أبدته الرئيسة الجديدة في علاقاتها مع موسكو يفضل اتباع نهج دبلوماسي ، ولكن من قوة تتألف ، بالإضافة إلى وحدة النوايا الأوروبية ، من قوتها الاقتصادية ، والتي ينبغي أن تسمح بوجود علاقة من موقف القوة. يبدو أن هذا النهج هو عادة الألمانية ، مع نظرة مبالغ فيها من الأهمية الاقتصادية في سياق العلاقات الدولية. من المؤكد أن القوة الاقتصادية تعد عاملاً مهماً بشكل متزايد ، في السيناريو المعولم ، لكن هناك حاجة إلى خصائص أخرى للاضطلاع بدور ذي أهمية أساسية في المسرح الدبلوماسي. إن فكرة وجود قوة أوروبية مشتركة هي هدف طموح ، وهو في متناول اليد ، لكننا نحتاج أيضًا إلى سياسة خارجية مشتركة ، لا يمكن تحقيقها إلا من خلال القدرة على إقناع الدول ذات السيادة بالتنازل التدريجي عن السيادة في خيارات السياسة الخارجية وعلى هذا المستوى الاتحاد لا يزال وراء. تتمثل القضية الأخرى القادرة على تمزيق النسيج السياسي الأوروبي في الهجرة وتدفقاتها ، والتي أثارت استياء شعوب جنوب أوروبا تجاه مؤسسات بروكسل. بالتأكيد لا يمكن أن تكون الضمانات العامة لحماية معاهدة شنغن كافية ، والتي يجب أن تتم من خلال احترام معاهدة دبلن ، والتي هي بالتحديد السبب الذي يسمح لدول شمال وشرق أوروبا برفض حصص اللاجئين. للتأكيد على أنه من الضروري إنقاذ الناس في عرض البحر ، فإن النطق بحل واضح ، يختلف عن اقتراح حلول مثل تنفيذ برنامج مساعدات مباشرة في البلدان الأفريقية ، لكن هذه النية ممكنة فقط على المدى الطويل ، بينما هناك حاجة إلى حلول طارئة قصيرة الأجل أنها تجعل من الممكن تخفيف الضغط المهاجر ، وفي الوقت نفسه ، استعادة الثقة في بروكسل. يبدو أن الإرادة ، التي ظهرت ، وليس معاقبة أولئك الذين لا يلتزمون بحصّة اللاجئين ، بما يتعارض مع التوجيهات الأوروبية ، تكون مفيدة للمصالح الألمانية ، وليس للمصالح الأوروبية: إذا كان هذا هو الحال فإن التناقض سيكشف عن مناورة برلين لاستخدامها مرة أخرى الاتحاد لأغراضك. في هذا الصدد ، سيكون من المثير للاهتمام معرفة ما سيكون عليه الموقف الحقيقي للرئيس الجديد إزاء الصلابة المالية والمتعلقة بالميزانية في ألمانيا ، والتي أجبرت جميع الأعضاء الآخرين على دخول الهيئة التشريعية الأوروبية الماضية.
mercoledì 17 luglio 2019
L'Iran rifiuta il negoziato sui missili balistici
L’Iran toglie ogni possibilità ad un negoziato sui missili balistici con gli USA. La posizione di Teheran viene giustificata con la politica americana di alleanza con i nemici degli iraniani, che provoca, tra l’altro, la massiccia vendita di armamenti statunitensi alle monarchie sunnite del Golfo Persico ed a Israele. L’Iran, sostanzialmente, starebbe operando una sorta di equilibrio degli armamenti di fronte ad una analoga operazione degli avversari. La rinuncia al negoziato conferma lo stato di tensione tra Washington e Teheran, che continua, andandosi ad affiancare alla questione del nucleare. Il comportamento degli Stati Uniti, con la presidenza Trump, ha riportato il livello di confronto a toni aspri, che si erano progressivamente attenuati con la presidenza Obama, attraverso una politica più moderata, culminata con la firma sul trattato per il nucleare e con la collaborazione delle forze armate iraniane nella lotta allo Stato islamico. Trump ha fatto un argomento centrale della sua politica estera il confronto con l’Iran, da un lato perchè ha ritenuto privilegiare i rapporti con l’Arabia Saudita, a causa dei vantaggi economici che la monarchia sunnita ha consentito di guadagnare per gli USA, sia perchè gli stati sunniti sono stati considerati alleati strategici nel confronto con la Russia, per bilanciare l’attivismo di Mosca in Siria. La questione centrale è la situazione della pace nella regione: esistono troppi fattori potenziali che possono scatenare un conflitto tra stati, che avrebbe ricadute sull’economia mondiale. Teheran si sente accerchiata ed è sotto pressione a causa delle sanzioni americane, che mettono in grande difficoltà una economia già depressa; la tattica statunitense sarebbe quella di esasperare la popolazione, la vera vittima delle sanzioni e non il regime, per scatenare una rivolta contro il potere religioso: questa tattica ha dimostrato di non dare i risultati sperati, sia per il controllo delle forze isituzionali del paese, sia per un nazionalismo sempre presente nella popolazione iraniana, che rifiuta l’ingerenza americana anche negli strati più avversi al regime. Dal punto di vista militare, se per l’industria USA il mercato delle monarchie sunnite ha fatto registrare un incremento delle vendite, la tattica di armare gli avversari di Teheran, ha prodotto nel paese iraniano un grande risentimento, che ha avuto come logica conseguenza la volontà di proseguire nel proprio programma di armamento. Per arrivare all’apertura di un possibile negoziato sarebbe necessario che gli USA sospendessero le forniture di armi agli avversari dell’iran e questo appare il reale intento di Teheran: provocare Washington su questo tema, facendo ricadere la responsabilità di un fallimento dei negoziati, proprio sulla Casa Bianca. Ciò appare un tentativo ulteriore da parte iraniana per rompere il proprio isolamento, dopo avere sollecitato direttamente l’Europa, ma anche indirettamente Pechino e Mosca, a trovare soluzioni che costringano gli Usa al rispetto del trattato sul nucleare. Aggiungere che i missili balistici non possono essere oggetto di trattativa significa dare un segnale non solo agli USA, ma al mondo intero per mettere le potenze mondiali di fronte al pericolo di una escalation militare, con conseguneze incalcolabili per l’economia mondiale. Teheran, di fronte alla potenza messa in campo da Washington, prova a controbattere con quanto gli è disponibile, costruendo una tattica di pressioni dirette ed indirette che sono rivolte a tutta la scena diplomatica mondiale. Evitare una deriva militare nella regione, deve essere, comunque, l’obiettivo primario della comunità internazionale,la quale, tuttavia, non ha ancora prodotto quella azione diplomatica necessaria a rendere la situazione più distesa e favorevole ad un confronto differente tra Washington e Teheran. L’atteggiamento generale, cioè, sembra essere troppo attendista, nessuna potenza sembra volere entrare seriamente nella questione, probabilmente per non irritare gli USA e provocare l’ennesima minaccia di sanzioni economiche, che Trump ormai usa in maniera troppo disinvolta, tuttavia, una maggiore partecipazione appare necessaria per scongiurare un pericolo sempre più probabile.
Iran refuses to negotiate ballistic missiles
Iran takes away any possibility of negotiating ballistic missiles with the US. Tehran's position is justified by the American policy of alliance with the enemies of the Iranians, which causes, among other things, the massive sale of US armaments to the Sunni monarchies of the Persian Gulf and to Israel. Iran, substantially, would be operating a sort of balance of armaments in the face of a similar operation by the adversaries. The renunciation of the negotiation confirms the state of tension between Washington and Tehran, which continues, going along with the nuclear issue. The behavior of the United States, with the Trump presidency, has brought back the level of comparison to harsh tones, which had progressively attenuated with the Obama presidency, through a more moderate policy, culminating with the signing of the nuclear treaty and with the collaboration of the Iranian armed forces in the fight against the Islamic State. Trump has made the confrontation with Iran a central topic of his foreign policy, on the one hand because he considered privileging relations with Saudi Arabia, because of the economic advantages that the Sunni monarchy has allowed to earn for the USA, both because the Sunni states were considered strategic allies in the confrontation with Russia, to balance Moscow's Syria activism. The central issue is the situation of peace in the region: there are too many potential factors that can trigger a conflict between states, which would have repercussions on the world economy. Tehran feels encircled and is under pressure due to American sanctions, which put in great difficulty an already depressed economy; the US tactic would be to exasperate the population, the real victim of sanctions and not the regime, to unleash a revolt against religious power: this tactic has proven not to give the desired results, both for the control of the country's institutional forces, both for a nationalism always present in the Iranian population, which rejects American interference even in the most adverse to the regime. From the military point of view, if for the US industry the market of the Sunni monarchies has registered an increase of the sales, the tactic of arming the adversaries of Tehran, has produced in the Iranian country a great resentment, which has had as logical consequence the willingness to continue with its weapons program. To arrive at the opening of a possible negotiation it would be necessary for the US to suspend the supply of arms to the opponents of Iran and this appears to be the real intent of Tehran: to provoke Washington on this issue, making the responsibility fall for a failure of the negotiations, precisely on the White House. This appears to be an additional attempt by the Iranian side to break its isolation, after having directly urged Europe, but also indirectly Beijing and Moscow, to find solutions that force the US to respect the nuclear treaty. To add that ballistic missiles cannot be the subject of negotiations means to give a signal not only to the USA, but to the whole world to put the world powers in the face of the danger of a military escalation, with incalculable conseguneze for the world economy. Tehran, faced with the power deployed by Washington, tries to counteract what is available to it, building a tactic of direct and indirect pressures that are aimed at the entire world diplomatic scene. Avoiding military drift in the region, however, must be the primary objective of the international community, which, however, has not yet produced the diplomatic action necessary to make the situation more relaxed and favorable to a different confrontation between Washington and Tehran. The general attitude, that is, seems to be too wait-and-no, no power seems to want to seriously enter into the question, probably so as not to irritate the US and provoke yet another threat of economic sanctions, which Trump now uses too easily, however, a greater participation seems necessary to avoid an increasingly probable danger.
Irán se niega a negociar misiles balísticos
Irán elimina cualquier posibilidad de negociar misiles balísticos con los Estados Unidos. La posición de Teherán se justifica por la política estadounidense de alianza con los enemigos de los iraníes, lo que provoca, entre otras cosas, la venta masiva de armamentos estadounidenses a las monarquías sunitas del Golfo Pérsico e Israel. Irán, sustancialmente, estaría operando una especie de equilibrio de armamentos frente a una operación similar de los adversarios. La renuncia a la negociación confirma el estado de tensión entre Washington y Teherán, que continúa, junto con el problema nuclear. El comportamiento de Estados Unidos, con la presidencia de Trump, ha devuelto el nivel de comparación a los tonos ásperos, que se atenuaron progresivamente con la presidencia de Obama, a través de una política más moderada, que culminó con la firma del tratado nuclear y con la colaboración. De las fuerzas armadas iraníes en la lucha contra el Estado Islámico. Trump ha hecho de la confrontación con Irán un tema central de su política exterior, por un lado, porque consideró privilegiar las relaciones con Arabia Saudita, debido a las ventajas económicas que la monarquía sunita le ha permitido ganar a los EE. UU. Porque los estados sunitas fueron considerados aliados estratégicos en la confrontación con Rusia, para equilibrar el activismo de Siria en Moscú. El tema central es la situación de paz en la región: hay demasiados factores potenciales que pueden desencadenar un conflicto entre estados, lo que tendría repercusiones en la economía mundial. Teherán se siente rodeado y está bajo presión debido a las sanciones estadounidenses, que ponen en gran dificultad a una economía ya deprimida; La táctica estadounidense sería exasperar a la población, víctima real de las sanciones y no al régimen, para desencadenar una revuelta contra el poder religioso: esta táctica ha demostrado no dar los resultados deseados, tanto para el control de las fuerzas institucionales del país. Ambos por un nacionalismo siempre presente en la población iraní, que rechaza la interferencia estadounidense incluso en las más adversas al régimen. Desde el punto de vista militar, si para la industria estadounidense el mercado de las monarquías sunitas ha registrado un aumento en las ventas, la táctica de armar a los adversarios de Teherán ha producido en el país iraní un gran resentimiento, lo que ha tenido como consecuencia lógica el Disponibilidad para continuar con su programa de armas. Para llegar a la apertura de una posible negociación, sería necesario que EE. UU. Suspendiera el suministro de armas a los opositores de Irán, y este parece ser el verdadero propósito de Teherán: provocar a Washington sobre este tema, haciendo que la responsabilidad caiga por el fracaso de las negociaciones, precisamente. en la casa blanca. Esto parece ser un intento adicional de la parte iraní de romper su aislamiento, después de haber instado directamente a Europa, pero también indirectamente a Beijing y Moscú, a encontrar soluciones que obliguen a los Estados Unidos a respetar el tratado nuclear. Agregar que los misiles balísticos no puede ser objeto de negociaciones significa dar una señal no solo a los EE. UU., Sino a todo el mundo para poner a las potencias mundiales ante el peligro de una escalada militar, con incalculables posibilidades para la economía mundial. Teherán, ante el poder desplegado por Washington, trata de contrarrestar lo que tiene a su disposición, construyendo una táctica de presiones directas e indirectas dirigidas a toda la escena diplomática mundial. Sin embargo, evitar el desplazamiento militar en la región debe ser el objetivo principal de la comunidad internacional, que, sin embargo, aún no ha producido la acción diplomática necesaria para hacer que la situación sea más relajada y favorable a una confrontación diferente entre Washington y Teherán. La actitud general, es decir, parece ser demasiado esperar y no, ningún poder parece querer entrar seriamente en la pregunta, probablemente para no irritar a los EE. UU. Y provocar otra amenaza de sanciones económicas, que Trump ahora usa con demasiada facilidad, sin embargo, una mayor La participación parece necesaria para evitar un peligro cada vez más probable.
Der Iran weigert sich, mit ballistischen Raketen zu verhandeln
Der Iran nimmt den USA jegliche Möglichkeit, mit ihnen über ballistische Raketen zu verhandeln. Teherans Position wird durch die amerikanische Bündnispolitik mit den Feinden der Iraner gerechtfertigt, die unter anderem den massiven Verkauf von US-Rüstungsgütern an die sunnitischen Monarchien am Persischen Golf und an Israel verursacht. Der Iran würde im Wesentlichen eine Art Gleichgewicht der Rüstung betreiben, wenn die Gegner eine ähnliche Operation durchführen würden. Der Verzicht auf die Verhandlungen bestätigt den Spannungszustand zwischen Washington und Teheran, der mit der Atomfrage einhergeht. Das Verhalten der Vereinigten Staaten in Bezug auf die Trump-Präsidentschaft hat den Vergleich mit den harten Tönen, die mit der Obama-Präsidentschaft allmählich nachgelassen hatten, durch eine gemäßigtere Politik, die mit der Unterzeichnung des Atomvertrags und der Zusammenarbeit gipfelte, wieder hergestellt der iranischen Streitkräfte im Kampf gegen den Islamischen Staat. Trump hat die Konfrontation mit dem Iran zu einem zentralen Thema seiner Außenpolitik gemacht, zum einen, weil er privilegierte Beziehungen zu Saudi-Arabien in Betracht zog, und zum anderen, weil die sunnitische Monarchie den USA wirtschaftliche Vorteile verschafft hat weil die sunnitischen Staaten als strategische Verbündete in der Konfrontation mit Russland galten, um Moskaus syrischen Aktivismus auszugleichen. Das zentrale Thema ist die Friedenssituation in der Region: Es gibt zu viele potenzielle Faktoren, die einen Konflikt zwischen Staaten auslösen können, der Auswirkungen auf die Weltwirtschaft hätte. Teheran fühlt sich eingekreist und steht unter Druck aufgrund amerikanischer Sanktionen, die eine bereits depressive Wirtschaft in große Schwierigkeiten versetzen; Die US-Taktik würde darin bestehen, die Bevölkerung, die wirklich Opfer von Sanktionen ist und nicht das Regime, zu verärgern und einen Aufstand gegen die religiöse Macht auszulösen. Diese Taktik hat sich als nicht zielführend für die Kontrolle der institutionellen Kräfte des Landes erwiesen. beides für einen Nationalismus, der in der iranischen Bevölkerung immer präsent ist und der die amerikanische Einmischung auch in die am stärksten gegen das Regime gerichteten Staaten ablehnt. Aus militärischer Sicht hat, wenn für die US-Industrie der Markt der sunnitischen Monarchien eine Steigerung des Umsatzes verzeichnet hat, die Taktik der Bewaffnung der Gegner Teherans im iranischen Land einen großen Groll ausgelöst, der als logische Konsequenz das hatte Bereitschaft, sein Waffenprogramm fortzusetzen. Um zu einer möglichen Verhandlungseröffnung zu gelangen, müssten die USA die Lieferung von Waffen an die Gegner des Iran einstellen, und dies scheint die wahre Absicht von Teheran zu sein: Washington in dieser Frage zu provozieren und die Verantwortung für ein Scheitern der Verhandlungen zu übernehmen auf das Weiße Haus. Dies scheint ein zusätzlicher Versuch der iranischen Seite zu sein, ihre Isolation zu durchbrechen, nachdem sie Europa, aber auch indirekt Peking und Moskau dazu gedrängt hat, Lösungen zu finden, die die USA zwingen, den Atomvertrag zu respektieren. Hinzuzufügen, dass ballistische Raketen nicht Gegenstand von Verhandlungen sein können, bedeutet, nicht nur den USA, sondern der ganzen Welt ein Signal zu geben, um die Weltmächte angesichts der Gefahr einer militärischen Eskalation mit unkalkulierbarem Konseguneze für die Weltwirtschaft zu stellen. Teheran versucht angesichts der Macht, die Washington ausübt, dem entgegenzuwirken, was ihm zur Verfügung steht, indem es eine Taktik des direkten und indirekten Drucks aufbaut, der sich gegen die gesamte diplomatische Szene der Welt richtet. Die Vermeidung militärischer Abwanderung in der Region muss jedoch das vorrangige Ziel der internationalen Gemeinschaft sein, die jedoch noch nicht die diplomatischen Maßnahmen ergriffen hat, die erforderlich sind, um die Situation für eine andere Konfrontation zwischen Washington und Teheran zu entspannen und zu verbessern. Die allgemeine Haltung, das heißt, scheint zu abwarten - und nein, keine Macht scheint sich ernsthaft mit der Frage befassen zu wollen, wahrscheinlich um die USA nicht zu irritieren und noch eine weitere Drohung mit Wirtschaftssanktionen zu provozieren, die Trump nun aber mit größerer Leichtigkeit nutzt Teilnahme scheint notwendig, um eine zunehmend wahrscheinliche Gefahr zu vermeiden.
L'Iran refuse de négocier des missiles balistiques
L’Iran élimine toute possibilité de négociation de missiles balistiques avec les États-Unis. La position de Téhéran est justifiée par la politique américaine d'alliance avec les ennemis des Iraniens, qui entraîne notamment la vente massive d'armements américains aux monarchies sunnites du golfe Persique et à Israël. L’Iran opérerait essentiellement une sorte d’équilibre des armements face à une opération similaire de la part des adversaires. La renonciation à la négociation confirme l'état de tension entre Washington et Téhéran, qui se poursuit, parallèlement à la question nucléaire. Le comportement des Etats-Unis, avec la présidence Trump, a ramené le niveau de comparaison aux tonalités dures, qui s'était progressivement atténué avec la présidence Obama, par une politique plus modérée, aboutissant à la signature du traité nucléaire et à la collaboration des forces armées iraniennes dans la lutte contre l’État islamique. Trump a fait de la confrontation avec l’Iran un thème central de sa politique étrangère, d’une part parce qu’il considérait privilégier les relations avec l’Arabie saoudite, en raison des avantages économiques que la monarchie sunnite avait permis de gagner aux États-Unis. parce que les États sunnites étaient considérés comme des alliés stratégiques dans la confrontation avec la Russie, afin de contrebalancer l'activisme de Moscou en Syrie. Le problème central est la situation de paix dans la région: trop de facteurs potentiels peuvent déclencher un conflit entre États, ce qui aurait des répercussions sur l'économie mondiale. Téhéran se sent encerclé et sous pression en raison des sanctions américaines, qui mettent en difficulté une économie déjà déprimée. la tactique américaine consisterait à exaspérer la population, véritable victime des sanctions et non du régime, à déclencher une révolte contre le pouvoir religieux: cette tactique s'est avérée ne pas donner les résultats souhaités, tant pour le contrôle des forces institutionnelles du pays, les deux pour un nationalisme toujours présent dans la population iranienne, qui rejette l'ingérence américaine, même parmi les plus défavorables au régime. Du point de vue militaire, si le marché des monarchies sunnites a augmenté pour l’industrie américaine, la tactique consistant à armer les adversaires de Téhéran a suscité dans le pays iranien un grand ressentiment qui a eu pour conséquence logique volonté de poursuivre son programme d'armement. Pour arriver à l'ouverture d'une éventuelle négociation, il serait nécessaire que les États-Unis suspendent la fourniture d'armes aux opposants à l'Iran, ce qui semble être la véritable intention de Téhéran: provoquer Washington sur cette question, en faisant tomber la responsabilité pour un échec des négociations, précisément sur la maison blanche. Cela semble être une tentative supplémentaire de la part de la partie iranienne de rompre son isolement, après avoir directement invité l'Europe, mais aussi indirectement Pékin et Moscou, à trouver des solutions qui contraignent les États-Unis à respecter le traité nucléaire. Ajouter que les missiles balistiques ne peuvent pas faire l'objet de négociations signifie donner le signal non seulement aux États-Unis, mais au monde entier de mettre les puissances mondiales face au danger d'une escalade militaire, avec des conséquences incalculables pour l'économie mondiale. Téhéran, confronté au pouvoir déployé par Washington, tente de contrecarrer ce qui lui est disponible, en construisant une tactique de pressions directes et indirectes visant la scène diplomatique mondiale. Eviter la dérive militaire dans la région doit cependant être l’objectif premier de la communauté internationale, qui n’a toutefois pas encore pris les mesures diplomatiques nécessaires pour rendre la situation plus détendue et plus favorable à un affrontement différent entre Washington et Téhéran. L’attitude générale, c’est-à-dire, semble être trop attendre-non, aucun pouvoir ne semble vouloir entrer sérieusement dans la question, probablement pour ne pas irriter les États-Unis et provoquer une nouvelle menace de sanctions économiques, que Trump utilise maintenant trop facilement, cependant, la participation semble nécessaire pour éviter un danger de plus en plus probable.
Irã se recusa a negociar mísseis balísticos
O Irã tira qualquer possibilidade de negociar mísseis balísticos com os EUA. A posição de Teerã é justificada pela política americana de aliança com os inimigos dos iranianos, que causa, entre outras coisas, a venda em massa de armamentos dos EUA para as monarquias sunitas do Golfo Pérsico e para Israel. O Irã, substancialmente, estaria operando uma espécie de equilíbrio de armamentos em face de uma operação similar dos adversários. A renúncia à negociação confirma o estado de tensão entre Washington e Teerã, que continua acompanhando a questão nuclear. O comportamento dos Estados Unidos, com a presidência de Trump, trouxe de volta o nível de comparação a um tom duro, que se atenuou progressivamente com a presidência de Obama, através de uma política mais moderada, culminando com a assinatura do tratado nuclear e com a colaboração. das forças armadas iranianas na luta contra o Estado Islâmico. Trump fez do confronto com o Irã um tema central de sua política externa, por um lado, porque considerou privilegiar as relações com a Arábia Saudita, por causa das vantagens econômicas que a monarquia sunita permitiu ganhar para os EUA, tanto porque os estados sunitas foram considerados aliados estratégicos no confronto com a Rússia, para equilibrar o ativismo da Síria em Moscou. A questão central é a situação da paz na região: há muitos fatores potenciais que podem desencadear um conflito entre os estados, o que teria repercussões na economia mundial. Teerã se sente cercado e sob pressão devido às sanções americanas, que colocam em grande dificuldade uma economia já deprimida; a tática dos EUA seria exasperar a população, a verdadeira vítima das sanções e não do regime, para desencadear uma revolta contra o poder religioso: essa tática provou não dar os resultados desejados, tanto para o controle das forças institucionais do país, tanto por um nacionalismo sempre presente na população iraniana, que rejeita a interferência norte-americana mesmo nos mais adversos ao regime. Do ponto de vista militar, se para a indústria dos EUA o mercado das monarquias sunitas registrou um aumento das vendas, a tática de armar os adversários de Teerã, produziu no país iraniano um grande ressentimento, que teve como conseqüência lógica a disposição para continuar com seu programa de armas. Para chegar à abertura de uma possível negociação, seria necessário que os Estados Unidos suspendessem o fornecimento de armas aos oponentes do Irã e essa parece ser a real intenção de Teerã: provocar Washington nessa questão, fazendo com que a responsabilidade caia por uma falha nas negociações, precisamente na Casa Branca. Esta parece ser uma tentativa adicional do lado iraniano de romper seu isolamento, depois de ter incitado diretamente a Europa, mas também indiretamente Pequim e Moscou, a encontrar soluções que forcem os EUA a respeitar o tratado nuclear. Acrescentar que os mísseis balísticos não podem ser objeto de negociações significa dar um sinal não apenas aos EUA, mas a todo o mundo para colocar as potências mundiais diante do perigo de uma escalada militar, com consegünez incalculável para a economia mundial. Teerã, diante do poder de Washington, tenta neutralizar o que está disponível, construindo uma tática de pressões diretas e indiretas voltadas para todo o cenário diplomático mundial. Evitar a deriva militar na região, no entanto, deve ser o principal objetivo da comunidade internacional, que, no entanto, ainda não produziu a ação diplomática necessária para tornar a situação mais relaxada e favorável a um confronto diferente entre Washington e Teerã. A atitude geral, isto é, parece ser demasiado espere-e-não, nenhum poder parece querer entrar seriamente na questão, provavelmente para não irritar os EUA e provocar ainda outra ameaça de sanções económicas, que agora Trump usa com demasiada facilidade, uma maior a participação parece necessária para evitar um perigo cada vez mais provável.
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