Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
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martedì 31 maggio 2011
I danni dei bombardamenti USA
La recente sciagura provocata in Afghanistan dall'errato bombardamento della NATO, ha suscitato pesanti critiche da parte del governo Karzai. Errori del genere rischiano di vanificare tutti gli sforzi compiuti dalla politica di Obama nella nazione con capitale Kabul. Il metodo della presente amministrazione si è differenziato dalla gestione Bush per un approccio meno militare ma più impostato sul dialogo con la società afghana, si sono costruiti ospedali e scuole in modo da concorrere con la presa sulla società, tradizionalmente favorevole agli esponenti talebani. Tuttavia l'esercito NATO è sempre e comunque sentito come una forza straniera, anche se ampi settori della società afghana sono grati al ruolo di portatore di democrazia e di stabilizzazione nazionale, la sua presenza è percepita, giustamente, come temporanea. Si tratta solo di lavorare affinchè questa presenza sia effettivamente vissuta dalla popolazione come non invasiva. Storicamente gli afghani hanno da sempre mal sopportato la presenza di forze armate straniere sul loro territorio, questo è il primo caso di permanenza così lunga. Le relazioni extra militari intrecciate hanno favorito contatti proficui che hanno determinato successi sia politici che sul campo di battaglia, permettendo alle forze armate NATO di mettere in grossa difficoltà la macchina bellica dei talebani e sopratutto di avere contribuito alla costruzione di un sistema politico il più somigliante possibile ad un sistema democratico. Questa affermazione è essenziale nel piano di contrasto al terrorismo islamico, perchè parte dalla società civile e non si fonda sulla esclusiva forza militare. La condivisione, in questo quadro, costituisce un fattore determinante, perchè permette di fare penetrare nel modo più profondo possibile i valori democratici, che devono costituire gli anticorpi fondamentali contro il terrorismo. Ora vanificare questo enorme lavoro perchè un aereo sbaglia il bersaglio, a parte la tragedia umana, non è concepibile. La normale avversione che si scatena a seguito dell'uccisione errata di civili, con diversi bambini tra le vittime, rappresenta una facile e potente arma per gli avversari della NATO, più degli attentati kamikaze. Rompere i legami creati tra USA e società civile afghana può creare una arretramento delle posizioni conquistate molto pericoloso, la macchina di Obama deve stare sempre più attenta ai particolari e rinunciare a qualche bombardamento per non perdere quegli obiettivi sociali tanto faticosamente conquistati.
lunedì 30 maggio 2011
Riflessioni sul possibile ingresso della Serbia nella UE
La questione dell'ingresso della Serbia nell'Unione Europea va confrontata con il caso turco ed il suo esito negativo. Di tutti gli stati ammessi alla UE, solo la Turchia avrebbe consentito uno sviluppo dell'economia comunitaria verso oriente, uno stato con delle contraddizioni interne da sanare certamente, ma comunque uno stato in espansione che avrebbe consentito di non pesare sul bilancio comunitario, inoltre uno stato dove la componente convinta dell'ingresso in Europa costituiva la maggioranza. Alla fine, fondamentalmente, hanno prevalso le ragioni religiose, si è ritenuto cioè che la differenza di credo potesse minare l'unità dell'Unione. La Turchia si era impegnata non poco, compiendo grossi progressi nell'ambito della democratizzazione, anche se gli standard raggiunti non avevano completamente soddisfatto i gradi richiesti da Bruxelles. L'interruzione del negoziato per l'ammissione ha indirizzato la Turchia verso l'area immediatamente confinante ed ha generato un ruolo da protagonista nell'area, che comprende tra l'altro una buona parte di Mediterraneo, di fatto l'esclusione ha generato un avversario, seppure pacifico, ai confini dell'Europa. La domanda da porsi è sulle modalità di ingresso nell'Unione, perchè accogliere stati euroscettici fin dall'inizio del loro percorso all'interno dell'istituzione comunitaria, che di fatto hanno generato divisioni dentro le istituzioni europee? Il processo inclusivo non sembra essere stato abbastanza selettivo ed ora la UE si trova spesso a che fare con spinte endogene che possono portare valori contrari allo spirito fondativo dell' unità europea. E così veniamo alla Serbia, la manovra della cattura del generale Mladic e della immediata richiesta di ingresso in Europa sono collegate a filo doppio; la UE si può fidare di uno stato e di un governo che agisce fuori dai parametri di legalità che la UE pretende? E sopratutto è conveniente dare corso alle richieste di una nazione dove le spinte nazionaliste ed antieuropee sono così forti? La richiesta pare soddisfare soltanto un bisogno economico e politico, che ponga la Serbia sullo stesso piano delle nazioni circostanti, più che un reale sentimento europeista. Già in precedenza sono state ammesse nazioni con scarso entusiasmo per la UE, ma Bruxelles ha continuato le inclusioni basandosi sul principio che un aumento dei componenti dell'Unione fosse l'unica garanzia per renderla più forte. In sostanza si è scelta la quantità a scapito della qualità, non si sono cioè preferite soltanto quelle nazioni con autentici sentimenti europeisti. La Serbia, per il proprio recente passato, è rimasta ai margini della UE più di altri paesi dell'area, ma i dubbi sull'opportunità di un suo ingresso devono essere valutati attentamente e senza fretta alcuna: non vi è alcun bisogno di membri non sicuri.
domenica 29 maggio 2011
Obama in Polonia
La strategia internazionale che Obama continua a costruire mette l’Europa sempre al centro. La recente visita nel centro del vecchio continente ha avuto come fulcro delle discussioni l’aspetto militare, con la nuova disposizione, in territorio polacco, di una forza aerea, in grado di garantire una versatilita’ maggiore delle precedenti dislocazioni. Questa decisione, di portare un distaccamento di forze USA, cosi’ vicino alla Russia, portera’ sicuramente un raffreddamento nelle relazioni tra le due superpotenze. L’aspetto deve essere stato valutato attentamente dall’entourage del presidente americano, perche’ sembra una decisione da vecchia guerra fredda. Cosa porti a cercare un confronto con la Russia non pare chiaro, dato che ultimamente il principale avversario su scale mondiale degli USA e’ la Cina. Tuttavia se si guarda alla scala locale, probabilmente la decisione e’ dettata dal fatto di preservare il centro europa da un possibile ritorno dell’influenza russa sulla regione. Ultimamente, infatti l’azione dell’Unione Europea non e’ sembrata godere della condivisione necessaria da parte dei governi dell’Europa centrale e non a caso Obama ha ribadito che un’Europa unita ed integrata e’ funzionale all’azione degli Stati Uniti. Obama sembra, quindi mettere le mani avanti temendo uno sfaldamento nel centro del vecchio continente della UE. La possibilita’ pare francamente remota, ma la necessita’ e la scelta della Polonia appare quasi simbolica per la propria storia. Nelle intenzioni del Presidente degli USA occorre trarre lezione dalle vicende della instaurazione della democrazia nei paesi ex socialisti per trasferire queste esperienze nei paesi arabi oggetto di transizione, per favorire una rapida ascesa del metodo democratico. La lezione che Obama vuole trarre e preservare e’ quella di paesi ex dittature che si dotano di un sistema democratico ed entrano a fare parte del sistema occidentale, anche se nei paesi arabi vi e’ la differenza rilevante della religione.
venerdì 27 maggio 2011
La Clinton in Pakistan
Hillary Clinton in missione in Pakistan per ricomporre la difficile situazione diplomatica tra i due paesi, seguita alla azione militare USA, che ha portato alla morte del leader di Al Qaeda, Bin Laden. La missione è stata mantenuta segreta fino alla effettuazione a causa della delicata situazione in Pakistan, dove la morte di Bin Laden ha portato a diverse azioni di ritorsione contro obiettivi delle forze armate pakistane, per cui è la presenza della Clinton è stata ritenuta come un possibile bersaglio da parte di attentatori filo qaeddisti. L'obiettivo è riallacciare i nodi della alleanza tra i due paesi dato che il Pakistan viene comunque ritenuto un alleato strategico, per la propria vicinanza all'Afghanistan, nella lotta contro i talebani. Entrambe gli stati hanno riconosciuto i propri errori gli uni verso gli altri in maniera da instaurare un clima più disteso. Il Pakistan ha riconosciuto che ci sono state senz'altro protezioni per Bin Laden da settori deviati dell'amministrazione statale ma gli USA hanno ammesso di non avere prove tangibili per incolpare funzionari pakistani della protezione del leader di Al Qaeda. La necessità di una distensione è comune ai due paesi: il Pakistan anche per risolvere i propri problemi interni, rappresentati da una sempre maggiore azione del terrorismo islamico, per cui una più forte alleanza con gli USA può garantire mezzi e sistemi da impiegare in una lotta più serrata all'estremismo islamico, esigenza complementare per gli stessi Stati Uniti, che hanno l'interesse a dialogare con un paese più stabile e meno gravato dalla minaccia terroristica.
giovedì 26 maggio 2011
La cattura di Mladic e la richiesta serba di entrare nella UE
La cattura di Ratko Mladic significa che la volontà di entrare in Europa ha prevalso in Serbia, sui tentativi di nascondere il proprio recente e tragico passato. Il criminale di guerra, come si sospettava da tempo, viveva indisturbato sotto falso nome in una località del nord del paese. Ricercato con il capo di imputazione di genocidio per il massacro dei musulmani bosniaci di Srebrenica, avvenuto nel luglio del 1995, Mladic è sempre sfuggito alla giustizia della Corte Internazionale dell'Aja, che ha più volte lanciato sospetti sulla Serbia, circa la supposta protezione garantita al generale. La UE stessa ha posto come requisito all'entrata nell'unione della Serbia, la cattura del pluri ricercato, incolpandola, tra le righe, di coprirne la latitanza. Significativa è stata la quasi simultanea dichiarazione, da parte del governo serbo, dell'arresto di Mladic e della richiesta di entrare in Europa. Del resto le necessità economiche imposte dalle crisi mondiali hanno imposto alla Serbia la scelta di sacrificare il suo ricercato più importante per entrare dalla porta principale nell'area dell'euro. Ma questo passo non sarà indolore, sopratutto sul fronte interno, la cattura e la consegna di Mladic imporrà alla Serbia una revisione della propria storia recente, che non sarà scevra di duri contrasti politici. I forti movimenti nazionalisti ed anche di destra, presenti nel paese non saranno certo d'accordo sulla consegna del generale alla corte dell'Aja e potrebbero alimentare l'avversione all'entrata in un'Europa che ha contribuito ai bombardamenti NATO. La questione dovrà fare riflettere attentamente Bruxelles, se da un lato vi è l'interesse ad allargare il territorio dell'Unione Europea, le recenti affermazioni dei partiti di destra, come il caso Finlandese, ed in generale dell'euroscetticismo presente in numerosi movimenti localistici, che hanno portato notevoli crepe nell'unitarietà del continente, fanno temere che se la Serbia entrerà nell'Unione non sarà un membro sufficientemente convinto. La UE dovrà valutare attentamente i nuovi ingressi, le esperienze negative fatte con paesi entrati senza la piena convinzione hanno minato le fondamenta istituzionali ed il processo di selezione dei nuovi soci dovrà avvenire necessariamente con maggiori requisiti di adesione ai principi comunitari.
Netanyahu al parlamento USA
La partita a scacchi della situazione palestinese si sta contraddistinguendo per una serie di mosse di pura interdizione, schermaglie dialettiche che non possono portare ad una rapida conclusione. Netanyahu di fronte al congresso americano, non ha fatto altro che ribadire le proprie posizioni, in una stanca ripetizione delle condizioni più volte espresse: impossibile il ritorno alla situazione del 1967, perchè Israele ritiene non più militarmente difendibili quei confini, richiesta di riconoscimento, praticamente senza condizioni, dello stato israeliano da parte dei palestinesi, smilitarizzazione del territorio palestinese. I concetti sono stati espressi in un parlamento USA, che ha più volte interrotto con applausi le tesi del premier israeliano, particolare che fa riflettere sulle percezioni dell'assemblea statunitense in aperto conflitto con Obama, perchè a maggioranza repubblicana. Le offerte di Netanyahu rivelano ancora una volta la tattica attendista di Israele, che non prendendo una decisione percorribile, tiene di fatto fermo il processo di pace. Le reazioni palestinesi di sdegno puntano sempre alla richiesta di riconoscimento ufficiale da parte dell'ONU dello stato palestinese, richiesta avversata e vista come il fumo negli occhi da Israele. Se si arrivasse ad una conclusione positiva per i palestinesi con una risoluzione in favore dello stato di Plaestina sarebbe un duro colpo, sul piano internazionale per Israele, tuttavia la possibilità che si verifichi questa ipotesi è molto difficile per l'avversione USA, sempre che Obama non riesca a fare cambiare indirizzo. Ma il solo fatto di riuscire a portare davanti all'assemblea delle Nazioni Unite il caso, dovrebbe riuscire a fare qualche cambio di strategia per Israele, portando proposte concrete ed attuali in un processo non più rinviabile.
martedì 24 maggio 2011
Per il Pakistan situazione sempre più difficile
Il recente attacco talebano alla base navale, sede del quartier generale dell’aviziazione della marina pakistana, pone Islamabad sempre piu’ al centro della lotta al terrorismo islamico e, nel contempo mette il governo pakistano in una posizone di sempre maggior debolezza. La posizione pakistana e’ chiaramente a meta’ del guado, tra opposizione interna talebana, preda delle pulsioni piu’ violente di antioccidentalismo religioso e Stati Uniti e NATO, che si muovono ormai, aldila’ della facciata, in maniera indipendente dal governo di Islamabad anche per operazioni sul territorio, che richiederebbero almeno accordi preventivi. Ma quello che sta segnando queste giornate che seguono alla morte di Bin Laden, e’ il l’innalzamento del livello operativo messo in campo dai talebani, che si sono spinti ad attaccare, per la prima volta, direttamente obiettivi NATO. La situazione si sta aggravando pesantemente per il Pakistan, che sta dimostrando nettamente di essere ostaggio di un terrorismo con elevate capacita’ militari. Quello che sembra e’ che stiano venedo fuori tutte le mancanze governative pakistane per non avere messo in campo una efficace lotta al fenomeno, ma di averci, invece convissuto, per non intaccare equilibri di fondo. Ma questa tattica sta scoprendo tutti i suoi limiti, giacche’ il fenomeno che pareva potere essere controllato e’ oramai sfuggito dalle mani degli apparati governativi. Il Pakistan rischia di trasformarsi in un paese in pieno caos, che rischia di perdere pezzi di territorio dalla propria giurisdizione per diventare veri e propri centri nevralgici del terrorismo islamico. Tutto questo deve fare rivedere alla NATO la propria strategia cercando di coinvolgere i settori dell’ammministrazione ancora non intaccati dal fenomeno del terrorismo islamico.
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